Dopo i primi giorni di dialogo tra i rappresentanti dei paesi membri, ecco i più significativi aggiornamenti dalla COP27. La conferenza delle Nazioni Uniti sul cambiamento climatico, che si svolge quest’anno a Sharm el-Sheikh, ha avuto il via ufficiale domenica 6 novembre.
Al centro della discussione c’è la questione finanziaria legata agli investimenti sulla transizione ecologica; inoltre, il tema geopolitico è molto sentito, con la necessità di un accordo tra i paesi del nord e del sud del mondo e il riavvicinamento tra le super potenze come Cina e USA.
Dopo la presentazione della conferenza da parte del padrone di casa, il presidente Egiziano Abdel Fattah al-Sisi, la discussione è stata avviata lunedì 7 novembre dal segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, con un discorso all’assemblea plenaria.
Al centro delle parole di Guterres il senso di urgenza legato alla crisi climatica. Il capo dell’ONU ha ribadito che l’umanità si sta avviando verso un destino catastrofico. “Siamo su un’autostrada verso l’inferno climatico con il piede sull’acceleratore”, questa la metafora utilizzata da Guterres nel suo discorso.
Poi una nota di ottimismo. “C’è una buona notizia, abbiamo tutti gli strumenti per invertire la rotta”. Il segretario generale ha voluto sottolineare che la tecnologia e la scienza hanno già messo in campo delle soluzioni alla crisi climatica, ciò che manca è la volontà politica.
E sempre parlando di volontà politica, Guterres ha insistito tanto sulla necessità di un accordo tra nord e sud del mondo; un patto di solidarietà tra gli stati sviluppati e quelli in via di sviluppo, unico modo per evitare un “suicidio collettivo”.
Nella stessa giornata c’è stato anche l’intervento dall’alto commissario dell’Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, che ha ricordato quali possono essere le conseguenze umanitarie della crisi climatica; il 70% dei rifugiati nel mondo proviene da paesi fortemente vulnerabili ai cambiamenti climatici, come Afghanistan, Congo e Yemen.
Questi paesi “hanno un interesse enorme nelle discussioni sulla crisi climatica, ma troppo spesso sono esclusi”, ha dichiarato Grandi.
Nel suo discorso, il segretario generale dell’ONU non le ha mandate a dire alle due super potenze mondiali, Cina e USA.
Le due più importanti economie del mondo e i due maggiori responsabili delle emissioni di CO2 devono trovare un modo per cooperare, “questa è la nostra unica speranza di raggiungere gli obiettivi di transizione energetica”, ha esortato Guterres.
USA e Cina hanno congelato il loro rapporti ufficiali dalla visita di Nancy Pelosi sull’isola di Taiwan, avvenuta nell’agosto di quest’anno. La questione di Taiwan è talmente importante per la Cina, che, nel caso in cui lo scontro geopolitico si aggravasse, Pechino sarebbe pronta ad interrompere qualsiasi dialogo con gli Stati Uniti, anche sul tema climatico. Lo ha dichiarato Carlos Pascual, senior vice president of global energy della multinazionale dell’energia S&P Global Commodity Insights, in un’intervista alla CNBC.
Le tensioni tra Cina e USA rischiano di avere ripercussioni sulla “sicurezza globale, sull’agenda politica internazionale e sulla crisi climatica”, ha ribadito Pascual.
Anche gli USA dimostrano di essere intransigenti verso la Cina: nella National Security Strategy rilasciata da Washington, la Repubblica Popolare è indicata come prima minaccia globale, superiore anche alla Russia.
Molti paesi del sud del mondo vedono che le tensioni tra USA e Cina compromettono qualsiasi sforzo concreto per combattere la crisi climatica. Dal loro punto di vista, i paesi in via di sviluppo sanno che “per USA e Cina la crisi climatica ha impatti molto minori”, ha dichiarato Pascual.
Anche dall’Europa sono arrivate voci di critica verso le due super potenze. Tra gli aggiornamenti della COP27 va segnalato il discorso tenuto lunedì da Emmanuel Macron, il quale si è rivolto direttamente a USA e Cina, dicendo che i “Paesi ricchi non europei” devono pagare la loro “parte” per finanziare la transizione ecologica e riparare le catastrofi ambientali nei paesi in via di sviluppo.
“Dobbiamo fare in modo che gli Stati Uniti e la Cina siano veramente presenti”, ha rilanciato il capo dell’Eliseo, sostenendo che finora gli europei sono “gli unici a pagare”.
Prima dell’inizio della COP27, John Kerry, inviato speciale di Washington per il clima, aveva annunciato la presentazione di un piano americano per rilanciare gli investimenti del settore privato nelle rinnovabili.
Tra i più discussi aggiornamenti dalla COP27 c’è l’Energy Transition Accelerator, il piano di Washington presentato mercoledì al summit. Kerry ha spiegato che il piano consiste in una nuova forma di vendita di carbon credits alle aziende private. Le aziende pagheranno per poter emettere CO2, e questi soldi saranno investiti nelle fonti rinnovabili in paesi in via di sviluppo.
Questa strategia è stata criticata fin da subito, come riporta Bloomberg e CNN. Pe molti analisti si potrebbe trattare semplicemente di greenwashing, in quanto le aziende otterrebbero il diritto di inquinare in cambio di investimenti che dovrebbero fare comunque.
Molti sostengono che ciò non aiuti a ridurre effettivamente le emissioni, ma che sposti solo il problema. Kerry ha difeso il piano dicendo che i carbon credits possono essere uno “strumento potente” con la giusta sorveglianza; inoltre, l’Energy Transition Accelerator deriva da mesi di trattative con i più importanti colossi americani dell’energia e con aziende no-profit come la Rockefeller Foundation ed il Bezos Earth Fund, ha spiegato Kerry.
Sempre mercoledì c’è stato anche un incontro informale tra John Kerry ed il suo omologo cinese, Xie Zhenhua. Questa è sicuramente una notizia incoraggiante per il riavvicinamento tra le due potenze, anche se si tratta solo di un piccolo passo.
I due si sono incontrati durante un evento organizzato dal Wall Street Journal, ed hanno discusso di metano, deforestazione e transizione ecologica. Dopo il colloquio Kerry ha dichiarato che “dobbiamo parlarci perché siamo le due economie più grandi, e i più grandi emettitori del pianeta”.
Alla fine di questa settimana il presidente Joe Biden è atteso a Sharm el-Sheikh per unirsi alla delegazione americana; tuttavia, non è prevista la presenza di Xi Jinping. I due potrebbero incontrarsi faccia a faccia al G20 di Bali, il 15 e 16 novembre.
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