Il 6 novembre 2022 inizia la ventisettesima Conference of the Parties (COP27) della United Nations Framework Convention on Climate Change, che si terrà a Sharm el-Sheikh, in Egitto. Quest’anno al centro del dibattito sul cambiamento climatico, che vede coinvolti i rappresentanti dei paesi membri dell’ONU, ci sarà il tema finanziario e geopolitico.
L’obiettivo è quello di ottenere uno storico accordo tra le nazioni del nord e sud del mondo, in modo da redistribuire in modo proporzionato gli investimenti necessari per la transizione energetica e per rispettare gli Accordi di Parigi del 2015.
Come sostiene Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, la collaborazione tra nord e sud globale è imprescindibile per evitare una catastrofe climatica.
Inoltre, un tema geopolitico di cruciale importanza è il dialogo tra le potenze mondiali in tema di clima. In particolare, sarebbe un grande risultato un riavvicinamento di Stati Uniti e Cina, che hanno interrotto bruscamente il dialogo dalla visita di Nancy Pelosi sull’isola di Taiwan e la conseguente crisi diplomatica.
Le due potenze mondiali sono anche i maggiori responsabili delle emissioni di gas serra, quindi “il dialogo tra i due è di vitale importanza”, ricorda Guterres.
La Conference of Parties (COP) è la conferenza plenaria della United Nations Framework Convention on Climate Change (UNCCC), che si tiene annualmente da 27 anni. Quest’anno si svolge in Egitto, a Sharm el-Sheikh, dal 6 al 18 novembre.
I primi giorni della COP saranno dedicati alla presentazione della conferenza, dei temi ed ai saluti del padrone di casa, il presidente Egiziano Abdel Fattah al-Sisi.
Oltre alla conferenza plenaria di tutti i rappresenti degli stati membri dell’ONU, saranno organizzati numerosi panel, che si occuperanno di problemi come il finanziamento della transizione energetica, la gestione delle risorse idriche, la disparità di genere, la sicurezza alimentare e l’agricoltura sostenibile, la collaborazione con la comunità scientifica, necessaria per monitorare i cambiamenti climatici.
La delegazione italiana sarà guidata da Alessandro Modiano, inviato italiano per il clima.
Tra instabilità geopolitica, crisi energetica ed inflazione galoppante, la COP27 si preannuncia tra le edizioni più complesse di sempre.
Seguendo la scia della relazione finale della COP26, tenutasi a Glasgow nel 2021, anche la COP27 avrà tra i temi principali quello dei finanziamenti necessari ad ottenere la mitigazione dei cambiamenti climatici.
Alla fine della COP26 si è stabilito il principio che i fondi per la transizione energetica devono essere forniti in modo proporzionale dai vari paesi. In particolare, i paesi più ricchi e che hanno più responsabilità nell’emissione di gas inquinanti devono contribuire di più.
Inoltre, molti paesi hanno avanzato la possibilità di istituire un fondo per compensare i paesi del sud globale, che spesso sono più colpiti dai cambiamenti climatici nonostante contribuiscano meno all’emissione di CO2.
Questo tema è anche al centro delle dichiarazioni che ha rilasciato Antonio Guterres, presidente delle Nazioni Unite, in un’intervista al The Guardian.
“Non c’è modo di evitare una situazione catastrofica, se le due parti del mondo, quella sviluppata e quella in via di sviluppo, non saranno capaci di trovare un accordo storico”, ha detto Guterres, aggiungendo che “con l’andamento attuale, saremo distrutti”.
Quindi l’obiettivo ambizioso del COP27 è di trovare un accordo chiaro tra paesi del nord e paesi del sud globale, il quale stabilisca a livello quantitativo gli investimenti e le compensazioni che i paesi ricchi devono indirizzare verso i paesi medio-poveri.
“La verità è che non saremo capaci di cambiare la situazione se non si mette in campo un patto tra i paesi sviluppati e le economie emergenti”, ha sottolineato ancora il segretario generale dell’ONU.
È anche necessario stabilire dei criteri univoci per correlare le catastrofi ambientali alle conseguenze del cambiamento climatico.
Ad oggi, gli investimenti pubblici dei paesi più ricchi sono ancora principalmente indirizzati alle fonti fossili, come dimostrano i report più recenti. Inoltre, gli investimenti dei paesi con grandi risorse restano confinati nell’economia interna, e non vengono indirizzati verso paesi a basso reddito e con scarse infrastrutture energetiche.
Un altro tema fondamentale è il rapporto tra Stati Uniti e Cina. Le due super potenze mondiali sono i principali responsabili dell’inquinamento globale, e la loro collaborazione è indispensabile per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
“È necessario che sia ristabilito un rapporto [tra USA e Cina], perché se questi due paesi non lavorano insieme, sarà assolutamente impossibile invertire l’andamento”, ha dichiarato ancora Guterres.
“La Cina rappresenta il 30% delle emissioni globali. È necessario collaborare con la Cina”, ha aggiunto in un’intervista l’inviato speciale degli USA per il clima, John Kerry.
Dalla visita di Nancy Pelosi, Speaker della Camera dei rappresentanti degli USA, a Taiwan, i rapporti tra Washinton e Pechino sono congelati su molti fronti, tra cui il tema climatico.
L’ONU ha di recente lanciato l’allarme sull’andamento della crisi climatica. Con le politiche messe in campo fino ad ora dai paesi membri, l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale a 1,5 °C non sarà rispettato.
Al contrario, l’andamento odierno porterebbe ad un aumento di 2,5 °C della temperatura globale. Questo innescherebbe ad un effetto domino che aggraverebbe ancora di più la situazione globale.
Guterres ha dichiarato che si va verso un “suicidio collettivo”, poiché “ci stiamo avvicinando al punto di non ritorno, e questo renderà la crisi climatica irreversibile”. “Man mano che ci avviciniamo al punto di non ritorno, serve aumentare il senso di urgenza”, ha aggiunto il segretario dell’ONU.
Le temperature elevate potrebbero sciogliere prima del previsto importanti strati di permafrost, il quale intrappola ingenti quantità di gas metano; il metano rilasciato agirebbe come gas serra innescando un circolo vizioso devastante.
L’aumento della temperatura metterebbe a rischio anche le foreste pluviali, con aumento di incendi e conseguente rilascio maggiore di CO2.
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