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Blue Barriers contro l’inquinamento marino da plastica

Il fenomeno dell’inquinamento plastico dei mari deriva dallo sversamento di notevoli quantità di rifiuti plastici. Oggigiorno la quantità di rifiuti è in rapido aumento, infatti, si stima che entro il 2050 la quantità di plastica nei mari risulterà di gran lunga superiore alla quantità di pesci. 
Le Blue Barriers rappresentano un’ottima soluzione tecnologica per ridurre i rifiuti che confluiscono in mare, trasformandoli in risorsa.
Per ostacolare l’aumento di rifiuti, la startup inglese Sea Defence Solutions, insieme con Garbage Group di Ancona, ha brevettato nel 2019 le cosiddette Blue Barriers. Queste ultime sono barriere acchiapparifiuti che, poste di traverso lungo il corso di un fiume, consentono lo scorrimento dell’acqua e simultaneamente trattengono i rifiuti.
Le prime barriere furono posizionate lungo i fiumi Tevere e Aniene. Queste ultime, dopo tre anni dalla prima installazione hanno trattenuto nove tonnellate di rifiuti di vario tipo.

Blue Barriers: struttura e funzionamento

Le Blue Barriers sono costitute da due barriere realizzate in plastica e immerse in acqua, tenute insieme mediante dei tubi e dei cavi d’acciaio. I moduli di cui sono costituite affondano per circa 90 centimetri e presentano ciascuno una larghezza di 1 metro.
Le due Blue Barriers sono poste a una distanza di pochi metri le une dalle altre poiché la prima ha il compito di intercettare i rifiuti, mentre la seconda di raccoglierli e convogliarli in appositi bacini di raccolta.
In casi particolari, come eventuali condizioni di piena dei fiumi o  necessità di navigazione, le Blue Barriers sono in grado di sganciarsi autonomamente. Inoltre, non intralciano il movimento dei pesci, i quali riescono a passare sia al di sopra sia al di sotto della tenda filtrante.
In aggiunta, le Blue Barriers sono leggere, economiche e richiedono una bassissima manutenzione.

Benefici ambientali delle Blue Barriers

I benefici conseguenti l’installazione delle Blue Barriers sui 20 fiumi più inquinati del mondo sono molteplici. Infatti:

  • Impedirebbero l’afflusso di 1 milione di tonnellate di macroplastica nell’oceano.
  • Ridurrebbero l’emissione di circa 800.000 tonnellate di CO2 nell’atmosfera ogni anno.
  • Migliorerebbero la qualità di vita delle comunità locali: attraverso la selezione manuale e meccanica, i rifiuti raccolti vengono trasformati in energia, plastica pulita e materiali da costruzione.

Bubble Barriers

Analogamente alle Blue Barriers è stata brevettata ad Amsterdam un’altra valida soluzione finalizzata al trattenimento dei rifiuti: la Bubble Barrier. Tale tecnologia è costituita da un compressore in grado di immettere aria ad alta pressione nei corsi d’acqua e di creare un flusso di bolle capace di intrappolare i rifiuti e convogliarli verso il sito di stoccaggio.
Attualmente The Great Bubble Barrier sta lavorando all’installazione di una nuova barriera a bolle nella regione di Porto, in Portogallo, con lo scopo di impedire che l’inquinamento plastico fluviale raggiunga l’Oceano Atlantico.

In conclusione, in quadro in cui la sensibilizzazione verso problematiche come quella dei rifiuti plastici in mare riveste sempre una maggior importanza, metodiche innovative come quella delle Blue barriers rappresentano il vero punto di svolta, capace di fornire una soluzione reale ed applicabile.

Lucia Clara Cairella

Laureata in ingegneria energetica presso l'Università degli Studi del Sannio. Sono interessata alla riqualificazione energetica degli edifici e all'integrazione delle fonti rinnovabili nel sistema elettrico. Autrice per #EnergyCuE da Febbraio 2022.

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