I cambiamenti climatici non causano solo variazioni di temperatura o danni al territorio con eventi meteorologici estremi. Sono anche la causa dell’alterazione dell’equilibrio dell’ambiente in cui vivono uomini e animali. Ecco perché per alcune specie sono una vera e propria minaccia. L’alterazione climatica produce un significativo impatto sulla biodiversità, soprattutto quella della fauna selvatica nelle città.
L’aumento delle temperature condiziona la possibilità di sopravvivenza della fauna che si è adattata a vivere in un certo tipo di ambiente. I ritrovamenti di specie tropicali alle nostre latitudini ne sono una delle prove. Gli animali infatti tendono a migrare verso i nostri mari perché sono sempre più caldi. I cambiamenti climatici si ripercuotono in diversi modi sugli animali. La scarsità delle piogge riduce la disponibilità di acqua, lo scioglimento dei ghiacci danneggia la biodiversità delle zone polari mentre le variazioni di temperatura allargano il raggio di trasmissione delle malattie. Altri fattori come la riduzione di vegetazione o il rilascio di emissioni a effetto serra possono costringere le specie a migrare alla ricerca di ecosistemi con caratteristiche diverse.
Un recente studio condotto da ricercatori di Canada e Stati Uniti si è concentrato sull’effetto che il cambiamento climatico ha avuto sulle città. In particolare, l’analisi riguarda la popolazione di animali selvatici, che è in sensibile aumento nelle aree urbane. Le temperature più calde hanno fatto crescere la popolazione di topi bianchi, la specie di roditori più diffusa in Canada e Stati Uniti. Di conseguenza nell’ultimo periodo sono aumentati i costi necessari per la disinfestazione. I topi infatti non resistono alle temperature basse, per cui con gli inverni più caldi c’è un minor numero di topi che muore prima della primavera. La siccità invece produce una riduzione del numero di zanzare, che trovano meno acqua per deporre le uova.
Le nostre latitudini stanno subendo un processo noto come “tropicalizzazione”. Il clima si sta avvicinando sempre di più a quello delle zone tropicali. Gli inverni sono più caldi e quindi più favorevoli per la migrazione di piante e animali tipici di altre zone. L’effetto è ancora più visibile a causa dell’aumento delle aree verdi nelle città, che è uno degli obiettivi della sostenibilità urbana. Secondo l’Ispra, i rischi maggiori riguardano le specie in fase di crescita, come i pulcini di uccello, mentre gli individui adulti possono più facilmente sopravvivere agli sbalzi termici. Se le condizioni si prolungano, gli animali più fragili potrebbero morire o manifestare stress termici e alimentari durante tutta la vita adulta. Al contrario, gli animali adattati alla vita urbana hanno più possibilità di sopravvivenza rispetto a quelli che vivono in ambiente naturale. La presenza dell’uomo infatti garantisce, in molti casi, la disponibilità di cibo, acqua e riparo.
Tutti gli animali a sangue caldo possono sopportare valori di temperatura e umidità entro determinati limiti biologici. In generale, con una temperatura di bulbo umido superiore a 35 °C tutti gli esseri viventi fanno fatica a cedere il calore metabolico verso l’esterno. La temperatura interna quindi può salire fino a portarsi allo stesso valore di quella esterna. In poche ore, questa condizione può portare alla morte per ipertermia. Per le specie selvatiche e i loro ecosistemi i rischi sono maggiori, perché la fauna selvatica a differenza di quella domestica è sottoposta a meno cure e attenzioni. Gli eventi di caldo estremo sono resi più rischiosi dalla siccità e dagli incendi sempre più intensi. In futuro è previsto un aumento delle interazioni tra gli esseri umani e la fauna selvatica. Ci sarà un aumento del numero di animali selvatici che raggiungono i centri urbani e della frequenza con cui questo accade.
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