Si parla sempre di più di ridurre il consumo di carne come scelta di sostenibilità. In effetti, la produzione della carne ha due conseguenze che impattano sull’ambiente. La prima è che la carne è responsabile di una percentuale non trascurabile di emissioni di gas serra. La seconda è che alla produzione di carne è associato un alto consumo di acqua, e quindi uno spreco della risorsa idrica. Ma quanta acqua consumiamo per produrre un chilo di carne?
Per prima cosa, chiariamo che non tutti i tipi di carne richiedono lo stesso consumo di acqua. Per ogni tipologia la water footprint (impronta idrica) è differente, anche se in generale i consumi sono alti rispetto ad altri alimenti. Se confrontati sulla base delle calorie, la carne ha un’impronta idrica per caloria venti volte maggiore rispetto alla pasta o alle patate. Il calcolo di questo impatto è abbastanza complesso perché vanno analizzate le produzioni zootecniche in tutti i loro aspetti. Per calcolare questo indice alcuni fattori non andrebbero tenuti in considerazione, per esempio l’evapotraspirazione delle produzioni di foraggio. Questo fenomeno si verificherebbe a priori dalla produzione della carne, per la sola presenza della vegetazione. In un’ ottica di ciclo di vita, i calcoli mostrano che il settore della produzione di qualsiasi tipo di carne richiede fino al 90% delle risorse idriche italiane. Di queste però, una parte torna all’ambiente sotto forma di acqua piovana. Quindi, il consumo effettivo per produrre 1 kg di carne è solo il 10 – 20% del totale.
Ma andiamo più nel dettaglio. Opinione abbastanza diffusa è che servono 15mila litri di acqua per produrre un chilo di carne. Ma non è esattamente così. Innanzitutto si tratta di un valore medio mondiale, che per esempio in Italia è più basso e pari a 11500 litri/kg, mentre in Argentina è pari a 3000 litri/kg. Inoltre, questo dato si riferisce solo alla carne di manzo, che è la più impattante. Altre carni sono più sostenibili per quanto riguarda il consumo di acqua. Un chilo di maiale richiede 6000 litri di acqua, mentre un chilo di pollo 4300 litri. Forte è l’impatto anche per i derivati animali. In un chilo di burro sono “nascosti” circa 5500 litri di acqua, mentre nelle uova 2562. Parliamo quindi di valori decisamente più bassi dei famosi 15000, ma comunque significativi. Pensiamo per esempio che per un chilo di verdure servono solo 300 litri di acqua, mentre per un pacco di pasta ne servono 780.
Pensare all’impronta idrica della carne spinge a riflettere su quanto sia importante ridurne il consumo per il futuro del pianeta. I periodi di siccità che stiamo vivendo sempre più di frequente ci mostrano anche che le risorse di acqua non sono infinite. Conservarle più a lungo possibile è un dovere di tutti. Molti ricercatori e scienziati hanno più volte invitato la popolazione a seguire una dieta vegetariana. Al di là delle scelte individuali, è necessario responsabilizzare i propri consumi, quindi anche quelli alimentari, consapevoli del fatto che non abbiamo un pianeta di riserva. Per essere sostenibili bastano azioni semplici, affiancate da impegni politici e gestionali. Anche lo sviluppo tecnologico può aiutare nella riduzione degli sprechi nel settore zootecnico e agricolo. Alcuni studi hanno comunque dimostrato che anche una dieta mediterranea ben bilanciata può essere sostenibile. Quello che conta è evitare di sprecare cibo, che sempre più di frequente finisce nella spazzatura. Con il cibo buttato via, sprechiamo anche le risorse e l’acqua necessaria per produrlo.
Il consumo di acqua richiesto per ottenere la carne è elevato per la complessità e la lunghezza della produzione. Come detto però l’impatto ambientale è calcolato in maniera complessiva, considerando il contributo delle acque blu (irrigazione), acque verdi (pioggia) e acque grigie (residue). Il contributo dell’acqua piovana, in particolare, è molto elevato in percentuale (fino all’87%) e quindi andrebbe decurtato dal conteggio. La pioggia infatti cadrebbe con o senza la presenza di allevamenti sul territorio. Ecco perché mangiare una fetta di carne non vuol dire essere colpevoli verso il pianeta. La conclusione è che il problema non è usare le risorse, ma usarle senza una responsabilità e consapevolezza nei confronti dell’ambiente in cui viviamo.
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