Draghi: centrali a carbone per fronteggiare la crisi energetica
L’Italia importa dalla Russia circa il 45% del gas naturale. Per sganciarsi dalla dipendenza russa il governo italiano ha proposto il ricorso alle centrali a carbone.
“Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone per colmare eventuali mancanze nell’immediato. Il governo è pronto a intervenire per calmierare ulteriormente il prezzo dell’energia, ove questo fosse necessario.”
Lo ha detto il presidente del consiglio Mario Draghi nell’informativa alla Camera sul conflitto tra Russia e Ucraina.
Le vicende accadute in questi ultimi giorni hanno destato molta preoccupazione nell’ambito energetico. Si sta evidenziando la forte vulnerabilità e dipendenza del sistema elettrico italiano dalle fonti energetiche presenti nei paesi esteri. Infatti, dalla Russia importiamo circa il 45% del gas naturale, il quale rappresenta un aumento del 27% di 10 anni fa. Di conseguenza, il governo ha proposto delle soluzioni, tra cui il ricorso alle centrali a carbone sulla via di un phase out.
Alternativa all’import del gas naturale
Il presidente del consiglio Draghi ha proposto la riapertura delle sette centrali a carbone presenti in Italia. Cinque centrali a carbone sono gestite da Enel energia, una da A2A, che è il gruppo di produzione, distribuzione e vendita di energia elettrica con sede a Milano, e un’altra centrale a carbone appartenente al gruppo energetico ceco EPH. Queste sono situate a:
- La Spezia, in Liguria;
- Fiume Santo e Portoscuro, in Sardegna;
- Fusina, nel Veneto;
- Monfalcone, in Friuli-Venezia Giulia;
- Torrevaldaliga, nel Lazio;
- Brindisi, in Puglia.
Secondo il Piano nazionale per l’energia e il clima (PNIEC) le centrali a carbone dovranno essere dismesse o convertite entro la fine del 2025. Nonostante le centrali a carbone di La Spezia e di Monfalcone fossero state già avviate al fase out, sono state riattivate per pochi giorni già lo scorso dicembre per fronteggiare l’impennata di domanda energetica e il blocco di quattro centrali nucleari francesi.
Centrale termoelettrica a carbone
La centrale termoelettrica a carbone è un impianto industriale che converte l’energia chimica del carbone in energia elettrica. In queste centrali i principali cicli utilizzati sono il ciclo Rankine e il ciclo Brayton-Joule. Questi impianti sono costituiti da:
- una caldaia o un generatore di vapore: è un componente metallico alto 50 m in cui si trovano i fasci tubieri a serpentina. I fasci tubieri contengono acqua che vaporizza e surriscalda.
- sala macchine: edificio in cui si trova un gruppo turbina-alternatore.
- percorso dei fumi: percorso in cui si abbattono gli agenti inquinanti.
Il carbone
Oggigiorno poco più del 4.9% dell’elettricità usata in Italia è prodotta dal carbone. Il carbone è una fonte facilmente reperibile e con un’immediata messa in servizio e un’alta resa energetica, però, è il combustibile più inquinante. Tale combustibile è altamente inquinante perché emette nell’aria anidride solforosa, ossidi di azoto e polveri sottili. Oltretutto è un combustibile che contiene arsenico, mercurio, uranio e altri isotopi radioattivi naturali che rilasciati nell’ambiente contaminano l’atmosfera. Infatti, le emissioni di CO2 da carbone sono superiori al 30% delle emissioni prodotte dal petrolio e al 70% delle emissioni prodotte dal gas naturale.
Infine, la manodopera richiesta dalle centrali a carbone è maggiore rispetto a quella richiesta dalle centrali a gas impieganti gasdotti. Il carbone, infatti, deve essere trasportato via nave, scaricato e poi movimentato nelle centrali.
Le fonti rinnovabili non sono sufficienti
Gli impianti di produzione da fonti rinnovabili sono necessari ma non sufficienti per sostenere il sistema elettrico italiano e soddisfare la domanda energetica. In effetti, il sistema elettrico italiano ha ancora bisogno del supporto delle fonti fossili per provvedere alle fluttuazioni del carico residuo e alle congestioni delle linee elettriche. In aggiunta, l’utilizzo di masse rotanti costituenti gli impianti di produzione da fonti fossili è fondamentale per un sistema elettrico resiliente. Infatti, le masse rotanti generano inerzia elettrica in grado di opporsi agli sbilanciamenti di frequenza ed evitare possibili blackout elettrici.