All’alba del 24 febbraio 2022 il presidente russo Vladimir Putin da autorizzazione ai generali di condurre l’offensiva in Ucraina. L’avanzata delle truppe russe calca più fronti, coprendo tutto il versante orientale del Paese, da nord a sud tramite l’est. Proprio quell’est dell’Ucraina dove da svariati anni sono accesi i carboni ardenti della guerra. La Russia decide di scendere al fianco delle repubbliche separatiste della regione del Donbass. I carboni ardenti che legano la Russia e gli ex stati membri dell’Unione Sovietica scottano più che mai e la causa del Donbass è il frutto più dolce da cogliere per il governo russo. Inizia la guerra. Servono a poco gli incontri diplomatici con i maggiori capi di stato della NATO e dell’Ucraina stessa. Servono a poco anche le intimidazioni di rivendicazioni e sanzioni pesantissime che sarebbero state poi presentate in conto ai russi nell’eventualità dell’attacco.
Non ci è dato conoscere le parole rotolate nelle stanze delle alte cariche del potere russo nelle ore che precedono la dichiarazione di guerra. È possibile che Vladimir Putin abbia, e stia, sottovalutando il nemico. Ma qual è adesso il nemico? Tutto il mondo sembra indignato e pronto a difendere l’Ucraina. Chissà se il detto can che abbaia non morde sia rotolato nelle stanze insieme a quelle parole che non sappiamo. Se la guerra che sulla carta stampata dei giornali e nei tweet sembra uno contro tutti non rimanga una guerra uno contro uno.
Secondo i media ucraini, i soldati russi sarebbero giunti alla centrale nucleare di Chernobyl, che si troverebbe ora sotto il loro controllo. Da quanto dichiarato dal presidente ucraino Volodymir Zelensky, i russi stanno cercando di prendere il controllo della centrale.
I nostri militari stanno dando la loro vita per evitare che la tragedia del 1986 si ripeta. Questa è una dichiarazione di guerra contro l’intera Europa.
Volodymir Zalensky
I combattimenti che stanno avvenendo nei pressi di Chernobyl stanno mettendo a rischio i siti di stoccaggio delle scorie nucleari. Per Anton Herashchenko, funzionario del Ministero dell’Interno ucraino, i colpi di artiglieria potrebbe danneggiare il deposito dei rifiuti radioattivi. Questo potrebbe comportare un rilascio di polvere radioattiva che impatterebbe l’Ucraina e la Bielorussia, raggiungendo anche tutto il resto dell’Unione Europea.
Secondo Maurizio Martellini, professore di Fisica all’Università degli studi dell’Insurbia, danneggiare i depositi di rifiuti radioattivi presenti nella centrale di Chernobyl sarebbe un crimine contro l’umanità. Le scorie contenute nella struttura in acciaio e cemento che copre il reattore numero 4, infatti, anche a distanza di anni, emettono radiazioni estremamente pericolose.
La centrale nucleare di Chernobyl (o Černobyl’) ha iniziato la sua vita nel 1978 con il reattore numero uno. Di seguito sono stati attivati i restanti tre reattori nucleari: nel 1979, 1982 e 1984. Tutti e quattro sono di tipo LWGR (o reattore nucleare refrigerato ad acqua leggera e moderato a grafite). Il modello è il famigerato RBMK-1000 con potenza nominale di 925 MW elettrici. Altri due reattori (il numero 5 e 6) dello stesso modello sono stati ordinati nel 1981, ma mai messi in funzione a causa dell’incidente che interessò il reattore quattro.
Al momento dell’incidente, nella centrale nucleare di Chernobyl era in corso un test di sicurezza. Durante quest’ultimo, i tecnici e gli ingegneri hanno portato a un improvviso e soprattutto incontrollato aumento della potenza (e della temperatura) del nocciolo. Questo provocò la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore. Il contatto tra idrogeno da scissione, grafite incandescente presente nelle barre di controllo e aria innescò una fortissima esplosione nel reattore e, conseguentemente, un vastissimo incendio. In altre parole, l’aumento di potenza determinò la liberazione di vapore surriscaldato ad altissima pressione, lanciando in aria il disco di copertura superiore del nocciolo di oltre 1.000 tonnellate di peso. All’esplosione seguì l’incendio, terribile.
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