DeepMind, azienda inglese di intelligenza artificiale controllata da Alphabet, ha insegnato ad una IA a controllare il plasma di fusione nucleare. Questo rappresenta un importante passo nella corsa alla fusione.
La fusione nucleare è una reazione nucleare in cui due o più atomi sono fusi insieme formando un elemento nuovo. Un esempio è la reazione che coinvolge un nucleo di deuterio e un nucleo di trizio. Questi due sono isotopi dell’idrogeno:
Dalla reazione di fusione nucleare che avviene tra un atomo di deuterio e un atomo di trizio si ottiene un nucleo di elio e un neutrone. Il bilancio di massa della reazione però non si chiude: la massa complessiva dei prodotti è inferiore alla massa dei reagenti. Si verifica quindi una liberazione di energia in accordo al principio di equivalenza massa-energia (E=mc2) .
Affinché la reazione di fusione avvenga, i nuclei devono trovarsi a distanze molto brevi, ovvero distanze equivalenti a quelle del nucleo stesso. È solo a queste distanze, infatti, che le forze di repulsione elettrostatica, dovute alle cariche positive nei nuclei e che aumentano in proporzione inversa al quadrato della distanza tra i nuclei stessi, vengono vinte dalle forze nucleari.
Per garantire distanze così piccole tra i nuclei, questi ultimi devono “urtarsi” ad elevate velocità. L’energia cinetica, che è una funzione della temperatura, deve quindi essere elevata. Per garantire questi livelli di energia, quindi, è necessario mantenere deuterio e trizio a temperature dell’ordine dei 100 milioni di gradi per tempi di confinamento “sufficientemente lunghi”.
Dobbiamo riuscire a riscaldare questa materia e tenerla insieme abbastanza a lungo da poterne estrarre energia
Ambrogio Fasoli, direttore dello Swiss plasma center all’École polytechnique fédérale di Losanna, in Svizzera
La scienza alla base della fusione sembra consolidata, ma rimane la sfida ingegneristica.
Una temperatura così elevata pone, infatti, problemi di carattere tecnologico. Non esistono, infatti, materiali che possano “contenere” un plasma a quella temperatura. Per questo motivo l’opzione attualmente più utilizzata per il confinamento del plasma di fusione è quella del confinamento magnetico.
Come dice il termine stesso, questo metodo utilizza dei campi magnetici di intensità elevatissima per gestire il plasma in cui avviene la fusione. Il campo magnetico generato dalle potenti bobine che avvolgono la “camera” di reazione, “spingono” il plasma nella posizione desiderata. Il campo magnetico deve essere controllato con estrema precisione e attenzione per evitare che il plasma venga a contatto con i lati della struttura danneggiando pareti e rallentando la reazione. Ogni configurazione sulla distribuzione spaziale del plasma richiede ai ricercatori un’enorme mole di lavoro di ingegneria e progettazione. I sistemi convenzionali sono controllati da computer e basati su modelli e accurate simulazioni, ma, spiega Fasoli, sono “complessi e non sempre ottimizzati“.
DeepMind, società inglese di intelligenza artificiale, ha sviluppato una IA in grado di controllare il plasma in completa autonomia. I risultati di questo studio/lavoro sono stati pubblicati su Nature in un paper dal titolo “Magnetic control of tokamak plasmas through deep reinforcement learning”.
I ricercatori hanno insegnato ad un sistema di deep learning (un insieme di tecniche basate su reti neurali artificiali organizzate in diversi strati, dove ogni strato calcola i valori per quello successivo affinché l’informazione venga elaborata in maniera sempre più completa) a controllare le 19 bobine magnetiche all’interno del TCV, il tokamak a configurazione variabile dello Swiss Plasma Center. A voler essere più specifici i ricercatori hanno usato la tecnica di reinforcement learning, una tecnica di apprendimento automatico che punta a realizzare agenti autonomi in grado di scegliere azioni da compiere per il conseguimento di determinati obiettivi tramite interazione con l’ambiente in cui sono immersi.
L’intelligenza artificiale, e in particolare l’apprendimento per rinforzo, si presta particolarmente bene ai problemi complessi rappresentati dal controllo del plasma in un tokamak
Martin Riedmiller, responsabile del team di controllo di DeepMind.
La rete neurale, un tipo di IA che simula il comportamento del cervello umano, è stata addestrata attraverso simulazioni. Dapprima ha appreso come le modifiche alle impostazioni delle bobine influenzavano la forma del plasma nel tokamak. Successivamente alla IA sono state fornite diverse forme per cercare di ricreare il plasma.
Una di queste comprende una sezione trasversale a forma di D come quella utilizzata in Iter, il tokamak francese. Un’altra comprende invece una forma a fiocco di neve che potrebbe rivelarsi particolarmente efficace nel dissipare il calore in modo più uniforme. L’IA di DeepMind, quindi, ha autonomamente capito come manipolare le bobine nel modo giusto sia in simulazioni che in esperimenti sul TCV.
Si tratta di un passo significativo che potrebbe influenzare la progettazione di futuri tokamak o addirittura accelerare il percorso verso la realizzazione di reattori a fusione.
Ambrogio Fasoli, direttore dello Swiss plasma center all’École polytechnique fédérale di Losanna, in Svizzera
La sfida adesso è capire se questo tipo di tecnologia può essere trasferita su sistemi che operano su scala più grande.
Dal 2014, infatti, Google collabora con la società californiana Tae Technologies per applicare una IA ad un reattore di fusione. La collaborazione con DeepMind potrebbe rivelarsi più importante man mano che aumenteranno le dimensioni dei reattori a fusione. I fisici, infatti, riescono a controllare senza grossi problemi il plasma nei tokamak su piccola scala ricorrendo a metodi convenzionali. Le difficoltà aumenteranno, però, quando gli scienziati cercheranno di realizzare versioni delle dimensioni di una centrale. Un tokamak di fusione controllato da una IA potrebbe essere quindi ottimizzato per controllare il trasferimento di calore generato dalla reazione alle pareti della struttura e prevenire pericolose “instabilità del plasma”.
L’intelligenza artificiale ci permetterebbe di esplorare cose che altrimenti non esploreremmo, perché grazie a questo tipo di sistema di controllo possiamo permetterci di correre dei rischi che altrimenti non oseremmo correre – ha spiegato-. Se siamo sicuri di avere un sistema di controllo che può portarci vicino al limite ma non oltre, possiamo esplorare possibilità che altrimenti non esisterebbero.
Ambrogio Fasoli, direttore dello Swiss plasma center all’École polytechnique fédérale di Losanna, in Svizzera
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