Nel Global Risks Report 2022 appena pubblicato dal World Economic Forum (WEF) il fallimento dell’azione per il clima è al primo posto tra i rischi mondiali dei prossimi dieci anni. Ciò significa che la crisi climatica è al momento la minaccia più temibile per il pianeta, anche più della pandemia.
Secondo gli esperti del WEF il cambiamento climatico è il più grave pericolo a lungo termine per l’umanità. Le conseguenze sono già evidenti da diversi decenni e si stanno manifestando con siccità, incendi, inondazioni e altri eventi estremi. Ma a causa della mancanza di azioni politiche decisive, la situazione è peggiore di quella che sembra. Nei prossimi dieci anni i primi cinque rischi a cui il pianeta sarà sottoposto sono tutti ambientali. In particolare sono:
Dopo il calo mondiale delle emissioni a effetto serra registrato nel 2020 a causa della pandemia di COVID-19, il trend ha ripreso a crescere. Il tasso di rilascio in ambiente di sostanze nocive è aumentato più rapidamente nell’ultimo anno rispetto alla media dell’ultimo decennio. Secondo le stime, l’economia dei paesi che dipendono ancora dal carbonio diventerà meno competitiva rispetto ai casi che si mostrano al passo con la transizione. Al tempo stesso però l’abbandono del carbone è una causa di disoccupazione e di tensioni sociali e geopolitiche. Questa situazione potrebbe rendere più gravi le disuguaglianze tra i diversi paesi e ridurre la cooperazione internazionale. L’impatto mondiale del cambiamento climatico allora sarà tragico. L’economia mondiale potrebbe perdere fino al 18% del PIL se non vengono prese azioni di mitigazione immediate.
Nonostante gli sforzi dei governi e delle imprese per contrastare il cambiamento climatico, la situazione rimane allarmante. La transizione climatica nel report è definita “disordinata” perché le misure di precauzione e di prevenzione sono fortemente divergenti da paese a paese. La transizione verso il “net zero” per le emissioni deve quindi avvenire in modo tempestivo. L’intervallo temporale individuato per agire contro il cambiamento climatico è fissato tra i 12 e i 18 mesi. Andare oltre questa soglia significa provocare danni economici e sociali e compromettere il sistema finanziario mondiale. Ma la transizione frettolosa e troppo drastica è nemica della buona riuscita del piano climatico. L’impatto sarà più forte per i settori ad alta intensità carbonica. In generale verranno a mancare posti di lavoro e, se le aziende non riusciranno ad adeguarsi al cambiamento, potrebbero anche scomparire del tutto. I prezzi dell’energia diventeranno instabili e verrà meno la sicurezza dell’approvvigionamento energetico.
Dopo la recente COP26 di Glasgow, i governi sono diventati consapevoli dell’urgenza delle decisioni da prendere. Il WEF valuta positivamente questo aspetto, ma ricorda che manca poco al 2030 e si è ancora lontani dal dimezzamento delle emissioni che porterebbe alla neutralità climatica del 2050. Secondo il report servono nuove normative sia dal lato dell’offerta che da quello della domanda di beni e servizi ad alta intensità di carbonio. Gli incentivi devono passare dal settore dei combustibili fossili a quello delle tecnologie low-carbon. Il concetto di “transizione ordinata” è comunque molto improbabile visto il poco tempo e l’entità dei cambiamenti tecnologici ed economici richiesti dalla decarbonizzazione. Ma questo non deve spaventare. Le aziende devono essere capaci di stare al passo con il cambiamento e di vederlo come un’opportunità di crescita. L’epoca che stiamo vivendo, secondo il report del WEF, è una vera e propria rivoluzione industriale, che richiede di reinventarsi e trasformarsi per diventare “net zero” senza subire danni.
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