A Glasgow, in Scozia, in occasione della Cop26 o Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, i leader mondiali spargono coscienza ambientale sulla platea. L’emergenza climatica è di fatto diventata la priorità a cui far fronte con l’impegno collettivo di tutte le Parti impegnate nelle giornate di Glasgow.
Il Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi nel suo intervento sceglie una linea pacifista. Secondo il premier cercare colpevoli e innocenti non è una mossa utile al perseguimento degli obiettivi. L’obiettivo comune a tutte le Parti è trovare delle soluzioni che risultino efficaci a contrastare l’aumento della temperatura media globale. “Non credo si ottenga molto sul clima indicando i Paesi colpevoli e i Paesi innocenti, perché i colpevoli sono moltissimi e gli innocenti sono pochissimi, con lo scontro non si arriva a niente”. Un aspetto importante che Draghi sottolinea è il fatto che finalmente tutti gli Stati riconoscono come asticella limite al riscaldamento globale la soglia di 1,5°C oltre i livelli preindustriali. Soglia limite suggerita negli Accordi di Parigi ma forse presa poco sul serio fino ad oggi.
Potrebbe lasciare interdetti i non addetti ai lavori l’intervento riguardo le energie rinnovabili: “Nel lungo periodo dobbiamo essere consapevoli che le energie rinnovabili possono avere dei limiti. La Commissione europea ci dice che potrebbero non essere sufficienti per raggiungere gli ambiziosi obiettivi che ci siamo prefissati per il 2030 e il 2050. Quindi, dobbiamo iniziare a sviluppare alternative praticabili adesso, perché sarà possibile fruirne in pieno soltanto nel giro di alcuni anni. Nel frattempo, dobbiamo investire in tecnologie innovative per la cattura del carbonio”.
Ecco così spiegata la riapertura del dibattito sul nucleare e il flusso di investimenti verso l’industria dell’idrogeno e degli e-fuels più in generale.
Collaborare riassume l’ultimo degli obiettivi della Cop26. Sembrerebbe l’obiettivo più vago dei quattro proposti. Ma resta l’unico senza il quale i primi tre non possono verificarsi:
Soltanto una fitta collaborazione tra le Parti può ridurre i tempi per portare a termine la transizione ecologica.
I Paesi economicamente forti mettono sul piatto miliardi per aiutare i Paesi più vulnerabili, perché tutti possano avere la possibilità di andare nella stessa direzione. Ursula von der Leyen quantifica lo sforzo dell’Ue in questa direzione: “Con quasi 27 miliardi di dollari nel 2020, Team Europe è già il maggior fornitore di finanziamenti per il clima, di cui la metà per l’adattamento“. Soltanto l’Italia mette sul piatto 7 miliardi in 5 anni, triplicando gli sforzi fatti fino ad oggi.
È un accordo storico quello raggiunto nella conferenza di Glagow riguardo lo stop alla deforestazione. Dichiarazione firmata, tra le 110 Parti aderenti, da Jair Bolsonaro, Xi Jinping e Vladimir Putin. Dunque i Paesi che ospitano l’85% delle foreste mondiali accettano il 2030 come anno in cui dovrà cessare il fenomeno della deforestazione. La firma più attesa era senza dubbio quella del presidente brasiliano. Solo nel 2020 in Brasile la deforestazione balza di un +9,5% rispetto al 2019, portando via oltre 11 mila km2 di foresta.
Stanziati dunque 19,2 miliardi per permettere agli Stati firmatari di interrompere la riduzione dei polmoni verdi del pianeta.
La dichiarazione del leader indiano Narendra Modi di puntare alle emissioni nette nulle solo al 2070 ha raggelato non pochi tra i presenti. La dichiarazione di intenti, già delineata negli Accordi di Parigi, prevedeva il 2050 come anno per il net-zero. Le emissioni climalteranti dell’India presentano una curva preoccupante, è un vero e proprio andamento esponenziale. Narendra Modi ha però dichiarato l’obiettivo di coprire, entro il 2030, il 50% della generazione energetica con fonti rinnovabili. Oltretutto fissa al 2030 il taglio di un miliardo di tonnellate di emissioni di CO2 e la riduzione dell’intensità carbonica della sua economia del 45%. L’intensità carbonica si esprime come rapporto tra emissione di CO2 equivalente e i ricavi economici derivanti dalle attività che generano l’emissione.
Anche la Russia approva un piano di azione che mira alla neutralità carbonica al 2060, obiettivo riferito alla Cop26 dalla delegazione russa sprovvista del presidente Putin.
Paesi come Stati Uniti e Cina sembrano avere intenzione di dare una scossa al loro settore energetico, promuovendo ingenti finanziamenti verso fonti di energia pulita e riducendo le emissioni entro il 2030.
Dunque è chiaro che non tutti i Paesi hanno intenzione di procedere alla stessa velocità e il net-zero al 2050 potrebbe rimanere una speranza difficilmente concretizzabile.
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