L’Europa soffre la crisi energetica. I prezzi dell’energia aumentano e i governi stanno tentando delle strategie di intervento per evitare ulteriori rincari in bolletta. Il costo dell’energia elettrica in bolletta è balzato del 45% mentre il gas si ferma a un +30%. La Commissione Europea cerca soluzioni multilaterali che risultino efficaci per limitare ed invertire il trend del caro energia, dovuto soprattutto alla ripresa economica post pandemia e all’aumento del costo delle materie prime. A tale scopo diversi Paesi dell’Unione Europea hanno deciso di rilanciare un dibattito che sembrava chiuso: inserire l’energia nucleare tra le fonti di energia sostenibili.
Definire una direzione unica da perseguire per arrivare agli obiettivi chiave come il net-zero al 2050 è impossibile. Ogni Stato membro ha un determinato telaio industriale ed energetico. Ogni Stato ha una sua specifica topologia e può contare sull’abbondanza di alcune fonti energetiche piuttosto che altre. Per non parlare dei Paesi in via di sviluppo che fanno affidamento sulle fonti più convenienti in commercio come il carbone. L’obiettivo è unico: decarbonizzare, ma le strade da percorrere per arrivarci sono inevitabilmente molteplici.
La Commissione Europea da per assodato che la penetrazione di energia ricavata da fonti rinnovabili deve essere sempre crescente. Di pari passo l’utilizzo di combustibili fossili dovrebbe diminuire fino a un punto di equilibro. Il punto di equilibrio ricercato è sintetizzato nell’espressione net-zero, ossia emissioni nette nulle. Ciò significa che, proprio secondo la definizione di equilibrio, la portata di gas climalteranti immessi in ambiente venga annullata. Non è necessario che l’utilizzo di combustibili fossili cada a zero per avere emissioni nulle – questo è un punto chiave che va tenuto in considerazione.
Le emissioni nulle si possono raggiungere anche emettendo gas climalteranti, a patto che vengano contemporaneamente catturati dall’atmosfera stessa. È un equilibrio dinamico, un flusso netto nullo nel sistema atmosfera tra ciò che entra e ciò che esce.
Nascono sempre più numerosi impianti funzionanti e nuovi prototipi per la cattura di CO2, gas che può essere usato in moltissime applicazioni industriali. Un esempio vicinissimo all’esperienza comune è l’industria delle bibite gassate, mentre un esempio più virtuoso è la sintesi di e-fuels.
L’aleatorietà delle fonti di energia rinnovabile rende imprescindibile il ricorso a combustibili fossili o equivalenti. La necessità di ogni Stato di avere una generazione energetica di base impone il ricorso a sistemi che possono essere attivi continuativamente. La curva della domanda energetica, o curva di carico, necessita di essere soddisfatta istante per istante tramite un mix energetico. Per la maggior parte degli Stati l’energia termica fornisce l’energia di base e rappresenta la quota maggiore di energia generata quotidianamente.
Le altre fonti energetiche, come fotovoltaico, idroelettrico, eolico, geotermia etc. forniscono una generazione piccola in confronto agli impianti termoelettrici. Questo ultimo aspetto può non essere vero per alcuni Paesi come Svezia, Danimarca, Norvegia, Islanda, che hanno una generazione di rinnovabili superiore al 50%. Qui si apre il fronte di un nuovo dibattito che torna prepotentemente a scuotere anche la nostra Italia. Il nucleare è considerabile come energia pulita?
Al termine del vertice UE la presidente Ursula von der Leyen ha chiarito gli obiettivi: ripensare strategicamente il futuro mix energetico dell’Unione Europea per avere maggiore indipendenza. Chiarisce che il gas naturale sarà importante durante la transizione ecologica e che affiancare il nucleare alle rinnovabili può essere una strategia da prendere in considerazione.
Dieci Stati membri dell’UE, primo su tutti la Francia, seguita da Polonia, Romania, Ungheria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Slovenia, Croazia e Slovacchia, hanno firmato un documento sulla questione. Nel documento viene sostenuta a spada tratta la generazione di energia spaccando gli atomi. Rimarcano il ruolo fondamentale che può avere questa soluzione verso il traguardo della transizione energetica. In ballo ci sono i fondi dell’Unione Europea destinati al raggiungimento degli obiettivi verso la decarbonizzazione del settore energetico.
A rafforzare la chiamata all’atomo ci sono anche fattori economici in reazione ai classici dubbi sollevati circa la sicurezza e la salute. Il nucleare, affermano gli Stati firmatari, protegge i consumatori dalla volatilità dei prezzi, in un periodo di crisi energetica come quello attuale. I dubbi sulla sicurezza e la salute potrebbero essere spazzati via da un rapporto del JRC (Joint Research Center), il servizio scientifico interno della Commissione Europea. Il rapporto ribadisce quanto più volte concluso in letteratura scientifica: è possibile considerare il nucleare come fonte di energia pulita. Il processo di produzione energetica non emette gas climalteranti e la sicurezza nucleare prevede i protocolli più ferrei mai applicati. L’impatto sulla salute dell’uomo è il più basso in assoluto, insieme al fotovoltaico. Alla luce di queste considerazioni, il JRC non ha individuato evidenze scientifiche dimostranti un impatto più negativo rispetto ai processi di generazione energetica più largamente diffusi.
La comunità scientifica resta comunque spaccata e contesta la necessità di dare maggiore attenzione alla filiera di produzione del combustibile nucleare e del suo smaltimento. È nelle fasi pre e post reattore che si ha l’impatto ambientale dell’industria nucleare e anche i maggiori rischi legati alla salute umana: estrazione del combustibile, trattamento, trasporto; trattamento delle scorie.
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