Nucleare

La fusione a confinamento magnetico che imita le stelle

La scienza ha sempre preso esempio dalla natura per le sue innovazioni. Produrre energia illimitatamente, come accade dentro le stelle, è da sempre stato il sogno di tutti coloro che sono specializzati in energia. Oggi siamo un passo più vicini alla fusione nucleare.

Imitando la fusione nelle stelle

L’energia prodotta dalle stelle deriva dalla fusione dell’idrogeno. È un processo spontaneo che viene reso possibile dalle elevatissime temperature e pressioni presenti nel nucleo delle stelle. All’interno del sole avviene con il prozio un isotopo dell’idrogeno privo di neutroni.

L’avviamento del processo avviene grazie alle pressioni estreme che si hanno nel nucleo stellare. La sua spinta che ne consegue supera la forza di repulsione fra i nuclei atomici.

La fusione degli elementi fino ai numeri atomici 26 e 28 (ferro e nichel) è una reazione esotermica, cioè emette energiapoiché il nucleo prodotto dalla reazione ha massa minore della somma delle masse dei nuclei reagenti, l’energia prodotta vale quindi quanto la massa “persa” per la velocità della luce al quadrato (einstein docet).

Il progetto di Eni

La fusione nucleare è complessa da riprodurre sulla Terra perché richiede la formazione del plasma a temperature elevatissime, la cui gestione non è semplice. Fino ad ora non si è riuscito, infatti, a produrre più energia di quella usata per avviare la fusione.

La tecnologia a confinamento magnetico sembra essere la strada da percorrere per poter gestire il plasma e rendere la fusione replicabile sulla Terra, utilizzando campi magnetici potentissimi.

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A differenza dalla fusione che avviene nel Sole, sulla Terra usiamo gli isotopi deuterio e trizio. Questi sono elementi i cui nuclei, oltre a un protone, possiedono rispettivamente uno e due neutroni.

La fusione genera elio, neutroni liberi e energia. È totalmente a priva di emissioni e non genera scorie radioattive pericolose e di difficile gestione.

Il nucleare è ancora l’energia più green, questo nuovo modello a fusione a confinamento magnetico rappresenterà una fonte energetica potenzialmente illimitata e a basso impatto ambientale. E’ una tecnologia completamente differente dalla fissione che si verifica negli impianti atomici attualmente in funzione.

Nella fissione, isotopi di elementi molto pesanti come l’Uranio vengono colpiti da neutroni e si frammentano dando origine a elementi più leggeri liberando alcuni neutroni e una grande quantità di energia.

Il Test di fusione

Nel settembre 2021 il Commonwhealth fusion system (costola del MIT di Boston) ha completato con successo il primo test. Grazie ai supermagneti si è riusciti a confinare il plasma di isotopi di idrogeno a 100 milioni di gradi in un reattore.

Il segreto sta nei materiali superconduttori. Questi materiali si sono dimostrati gli unici in grado di riuscire a generare un campo magnetico tale da contenere il plasma.

È stato usato un magnete costituito da superconduttori ad alta temperatura ReBCO (ossidi di Terre Rare, Bario e Rame) del peso di circa 10 tonnellate che, portato a -253 °C (20 gradi al di sopra dello zero assoluto) e percorso da corrente elettrica con intensità di 40.000 Ampere, ha prodotto un campo con densità di flusso magnetico pari a 20 Tesla.

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Questo Magnete fa si che il plasma sia tenuto isolato dentro il tokamak una sorta di Ciambella di dimensioni importanti in cui, attraverso un campo magnetico generato da bobine poste intorno alla camera, il plasma viene tenuto sospeso impedendone difatti il contatto con le pareti interne. Da qui il nome della tecnologia: fusione a confinamento magnetico.

Il gruppo

Eni per questo progetto ha stretto importanti partnership, tra le più importanti possiamo annoverare CNR, CFT, MIT e ENEA.

Oramai la corsa alle energie Green è lanciata, e anche le big del petrolio non possono rimanere indietro, il progetto prevede che nel 2025 entri in funzione il reattore DTT che avrà la funzione di raccogliere dati necessari a continuare lo studio, nel  mentre si procederà a costruire il reattore sperimentale ARC (non quello di iron man) che entrerà in funzione nel 2033 e il reattore DEMO nel 2050 saranno i primi reattori sperimentali a immettere energia in rete.

Ci vorranno ancora molti anni prima che questi sistemi possano dare il loro reale contributo, fino ad allora la sfida sulle decarbonizzazione si baserà ancora su rinnovabili e nucleare di terza generazione!

Articolo a cura di Marco LOTTA

Redazione

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