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Fusione nucleare: 1,3 MJ in 100 trilionesimi di secondo al NIF

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fonte: lasers.llnl.gov

Negli ultimi anni la ricerca nel campo della fusione nucleare desta particolare interesse. La possibilità di generare energia pulita con reazioni di fusione nucleare è sotto la lente d’ingrandimento degli scienziati da svariati decenni. Oggi i risultati ottenuti da molti team di ricerca in giro per il mondo sono veramente promettenti.

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fonte: lasers.llnl.gov

Gli scienziati del Lawrence Livermore National Laboratory, nella California del nord, hanno ottenuto dei risultati strabilianti durante un esperimento sulla fusione nucleare. Eseguito l’8 agosto 2021 nel National Ignition Facility, l’esperimento è andato oltre le aspettative del team. La produzione energetica registrata è circa 8 volte superiore rispetto al precedente esperimento, condotto nella primavera del 2021.

Fusione nucleare a confinamento inerziale: l’esperimento

Differentemente dai reattori termonucleari a confinamento magnetico del plasma nelle famose camere a ciambella (tokamak), il reattore dell’esperimento in questione è basato sul confinamento inerziale. Questo tipo di reattore prevede l’utilizzo di laser ad altissima intensità, in grado di concentrare sul bersaglio (la/e pellet/ts di isotopi di idrogeno) una quantità di energia sufficiente ad innescare la reazione di fusione. All’attivazione dei laser la capsula cilindrica che alloggia la pellet vaporizza istantaneamente liberando raggi X. La sferetta di combustibile nucleare al suo interno implode portando la materia allo stato di plasma. È l’implosione il fenomeno fondamentale per l’innesco della reazione di fusione in questo tipo di reattori: questa, infatti, permette l’incremento di densità, temperatura e pressione necessari a vincere le forze elettrostatiche repulsive dei nuclei.

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Capsula o hohlraum al cui interno viene inserita la sfera di combustibile: ha lo scopo di posizionare esattamente la sfera e di portarla in stato criogenico ( -255 °C ). fonte: lasers.llnl.gov

I dati forniti dal team di scienziati che hanno condotto l’esperimento vanno letti secondo la scala corta delle unità di misura (sistema anglosassone, utilizzato negli Stati Uniti). La potenza sprigionata dalla pellet composta da deuterio e trizio (secondo e terzo isotopi dell’idrogeno) è oltre 10 quadrilioni di Watts (1016). Il tempo di durata del fenomeno di rilascio energetico è durato solamente 100 trilionesimi di secondo (10-10). Ciò significa che l’energia liberata dalla reazione di fusione è dell’ordine del milione di Joule (106). 1,3 MJ per l’esattezza, che corrisponde al 70% dell’energia che la pellet ha assorbito dai 192 super laser.

Il punto di breakeven

Neanche gli scienziati stessi avevano previsto un rilascio di energia tanto grande. Il bilancio energetico, come è ovvio, non è ancora favorevole. Nei possibili reattori commerciali futuri la condizione che si deve verificare è il superamento del punto di breakeven. In questo assetto il reattore renderebbe esattamente l’energia che viene fornita dall’esterno – alimentando i laser nei reattori a confinamento inerziale o i superconduttori nei reattori a confinamento magnetico toroidale. Il punto di breakeven, in definitiva, segna il limite oltre il quale la reazione di fusione nucleare si autosostiene, generando più energia di quanta se ne fornisca per ignire il combustibile: ciò che effettivamente avviene nelle stelle.

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Sfera bersaglio con raggio pari a 2 mm: al suo interno la miscela di deuterio e trizio in stato criogenico. fonte: lasers.llnl.gov

La fusione nucleare come soluzione

Terzo millennio è sempre più sinonimo di cambiamento climatico. La negligenza e l’ignoranza nei decenni appena precedenti al 2000 hanno trasformato irreversibilmente la biosfera. Miliardi e miliardi di tonnellate di combustibili fossili bruciati ogni giorno per mandare avanti il mondo. Oggi la situazione è grave ed è difficile rimanere ottimisti.

Senza alcuna ombra di dubbio la fusione nucleare sarebbe l’innovazione radicale che cambierebbe tutte le carte in tavola. La produzione vedrebbe quantità di energia inavvicinabili per le altre tecnologie attuali, senza peraltro la produzione di scorie radioattive pericolose e difficili da gestire come per la controparte fissione. Ma il fatto saliente è un altro: la filiera energetica a fusione comporterebbe emissioni di gas serra trascurabili rispetto alla quantità energetica prodotta. Queste, infatti, sarebbero prodotte non nel processo diretto di generazione energetica ma in tutti i processi ausiliari come la realizzazione e il trasporto dei materiali, la costruzione dei reattori e così via.

Una volta completata la fase sperimentale, traguardo ancora piuttosto lontano, questa tecnologia sarebbe al centro di qualsiasi progetto di sviluppo energetico-economico sostenibile, almeno nei paesi tecnologicamente all’avanguardia, con un know-how consolidato attraverso anni di ricerca ed esperimenti condotti su reattori sperimentali come il NIF.