In un’era in cui tutti si riempiono la bocca con parola “sostenibilità” cosa c’è di vero e cosa no? Quali cibi sono veramente sostenibili e quali contribuiscono maggiormente a danneggiare il nostro pianeta? Una risposta unica è difficile da dare ma vediamo di orientarci al meglio.
Cosa intendiamo per sostenibilità?? Partiamo dal fatto che parleremo di sostenibilità ambientale, tralasciando quella economica e sociale, che non sono del tutto scontate soprattutto in certe parti del mondo.
Possiamo definire sostenibili quei modi di fare agricoltura tali che, gli impatti negativi a lungo e lunghissimo termine sul suolo e sull’atmosfera siano nulli o addirittura si abbia un impatto positivo, per esempio, assicurandoci che la CO2 emessa durante le lavorazioni sia controbilanciata dall’assorbimento della pianta e del terreno.
Ci sono vari modi di produrre cibo da agricoltura. Non citiamo l’agricoltura biodinamica perché preferiamo occuparci di cose reali (e non di esoterismo e magie, ndr). Possiamo identificarne due principali:
La più autorevole definizione è quella formulata dall’IFOAM (Federazione internazionale dei movimenti di agricoltura biologica): “l’agricoltura biologica è un sistema di produzione che sostiene la salute dei suoli, degli ecosistemi e delle persone. Essa si basa su processi ecologici, sulla biodiversità e sui cicli adattati alle condizioni locali, piuttosto che sull’uso di input con effetti collaterali negativi. L’agricoltura biologica unisce tradizione, innovazione e scienza a beneficio dell’ambiente condiviso e promuove relazioni partecipative, una buona qualità della vita per tutti i soggetti coinvolti”. Questo metodo ha come principio cardine il divieto di utilizzo di sostanze di sintesi. Si combattono malattie e insetti indesiderati con insetti utili oppure con sostanze che possiamo trovare in natura come rame e zolfo. La fertilizzazione avviene solamente con letame o con concimazione verde (che consiste nell’interrare una coltura cosicché faccia da nutrimento a quella successive). Il diserbo meccanico è l’unico ammesso.
L’agricoltura biologica in Italia interessa il 15% delle superfici, in gran parte foraggere e alberi da frutto.
Un sistema che si avvale delle moderne tecnologie per ridurre il più possibile gli interventi (chimici e non) sul suolo, per ridurre al minimo, se non azzerare i residui di fitofarmaci o altre sostanze indesiderate sul suolo e sui frutti. L’agricoltura a lotta integrata utilizza quindi fitofarmaci coadiuvati da insetti utili per la gestione di insetti indesiderati e/o patologie fungine. Si prediligono i diserbi meccanici a quelli chimici pur non eliminandoli totalmente. I fertilizzanti possono essere di sintesi o naturali, ma più spesso un mix di entrambi. Oggigiorno con le tecnologie 4.0 i trattamenti e le irrigazioni vengono ridotte al minimo, andando ad agire solo dove e quando serve realmente.
Vediamo ora quali vantaggi apporta all’astronave terra l’agricoltura biologica
Ovviamente ci sono anche dei contro;
L’agricoltura a lotta integrata è da anni ormai il modello di riferimento per circa l’85% delle superfici oggi vediamo perché
Tutto perfetto quindi?? Non proprio, vediamo ora i contro
Qual è quindi il sistema che dovremo prediligere da consumatori per tutelare il nostro pianeta??
Come abbiamo visto “bio” non significa in automatico più ecosostenibile, da un lato i residui di fitofarmarci nel terreno e nel frutto sono minori (anche sei i residui di legge sui frutti del convenzionale sono perfettamente sicuri), ma le emissioni di CO2 sono più alte a parità di distanza all’acquisto.
Infatti un altro fattore che non abbiamo considerato è che è forse il più importante è il viaggio che i nostri prodotti compiono, una banana o un ananas che dal Costarica arriva a Roma, sarà sempre più impattante sul nostro pianeta rispetto a un frutto che proviene da un raggio di 200Km.
Scegliere di mangiare non è una cosa semplice ma con un’attenzione maggiore possiamo tutti contribuire a ridurre le emissioni sul nostro pianeta e garantire ai nostri figli un luogo in cui vivere migliore di come lo abbiamo ora o almeno non peggiore.
Articolo a cura di Marco LOTTA
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