Sono sempre più numerosi i laghi e i corsi d’acqua in fase di prosciugamento. Le riserve d’acqua in sofferenza sono maggiormente quelle delle regioni desertiche di Medio Oriente, Africa, Asia, centro e sud America. Il problema nasce quando la portata di acqua degli immissari non tiene più il passo della portata spillata dall’uomo e di quella in evaporazione. Tra gli stravolgimenti catastrofici dovuti al riscaldamento globale si inserisce perfettamente questo scenario. Il prosciugamento dei laghi è dovuto in parte alla temperatura crescente, in parte alle vene idriche prelevate dall’uomo. È dall’alba dei tempi che l’uomo spilla vene dai corsi d’acqua per fertilizzare le terre più aride. I fiumi e i laghi entrano così in un regime di sofferenza, mettendo in pericolo il fragile equilibrio dei loro ecosistemi, che ospitano migliaia di specie animali e vegetali, molte delle quali protette. L’innalzamento della temperatura media globale sta comportando una accelerazione del processo di desertificazione di queste aree sensibili.
Ancora una volta il responsabile del prosciugamento di fiumi e laghi è l’uomo. Il cambiamento climatico non risparmia nessuno e gli ecosistemi delicati di queste riserve d’acqua sono in serio pericolo. L’impronta più significativa che lascia l’uomo con le sue attività è la concentrazione di gas serra nell’atmosfera. I gas serra impediscono ai raggi solari che arrivano al suolo di uscire dall’atmosfera. Questo è dovuto al fatto che i gas serra sono opachi alla radiazione corrispondente all’emissione dei corpi sulla terra. I corpi, da intendere in senso lato, si trovano a una temperatura media di circa 290 gradi Kelvin. Tramite la legge di Wien, si verifica che questa temperatura, entro un range molto ampio, corrisponde all’emissione nel campo dell’infrarosso (780nm – 1mm).
Dunque, il sole scalda i corpi, e questi riemettono radiazione con lunghezza d’onda maggiore. Ma i gas serra riflettono di nuovo questa radiazione verso la terra, causando un lento e progressivo riscaldamento.
Le attività umane che causano il rilascio di gas serra in atmosfera, industrializzazione e trasporti in primis, sono in rapido aumento da oltre 50 anni. La radiazione infrarossa riflessa sulla terra incide maggiormente su oceani e mari, che coprono circa il 71% della superficie terrestre, scaldandoli ulteriormente. A questo punto si ha un aumento della massa di acqua in evaporazione. Questa massa ovviamente verrà ad accumularsi nell’atmosfera sotto forma di vapore acqueo. Essendo poi il vapore un gas serra più potente dell’anidride carbonica si intensifica l’effetto serra. Ulteriore diretta conseguenza di una maggiore quantità di acqua in atmosfera è l’aumento del tasso di incidenza di fenomeni meteorologici estremi.
I laghi Urmia, Ciad, Powell, Mead, Poyang, i fiumi Eufrate, Nilo, Colorado, sono altri esempi di riserve d’acqua in grande sofferenza. La costante è sempre la stessa: l’uomo sfrutta le risorse idriche per i suoi scopi, ma la domanda sta superando la disponibilità offerta dalla natura. La percentuale di acqua prelevata dai corsi d’acqua è in aumento dagli anni ’50 e gli usi che pesano per maggior parte sono la fertilizzazione delle terre e la potabilizzazione. Realizzazione di bacini artificiali tramite una o più dighe per alimentare le centrali idroelettriche o per l’allevamento ittico.
Il lago d’Aral rappresenta uno dei casi più emblematici. Situato tra Kazakistan e Uzbekistan è quasi completamente prosciugato. Si sta parlando di quello che una volta era il quarto lago per estensione al mondo. Nel secondo dopoguerra contava una superficie di circa 68000 km quadrati. Nel primo decennio del XXI secolo, quindi nel giro di 50 anni di sfruttamento intensivo, la dimensione si era ridotta del 75% rispetto a quella originale. Uno degli specchi d’acqua sopravvissuti è il Piccolo Aral, con una superficie di poco più di 3000 km quadrati. Trattandosi poi di un lago di origine oceanica, salato dunque, durante il prosciugamento la salinità è aumentata. Questo ha comportato la progressiva morte degli organismi per mancanza di ossigeno e un sempre più difficile rimescolamento delle acque. Così l’acqua in profondità, più fredda e densa, non si mescola efficacemente con quella superficiale, determinando un tasso di evaporazione più accentuato.
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