In Africa, nella regione del bacino del Kavango, tra Namibia e Botswana, ReconAfrica ha dato il via ai lavori per la realizzazione di nuovi pozzi petroliferi. Gli esperti sono certi si tratti di una catastrofe ambientale. D’altra parte, la stessa ReconAfrica, insieme al governo namibiano, tentano delle rassicurazioni circa le ripercussioni ambientali dell’attività mineraria. A preoccupare maggiormente l’opinione pubblica e gli esperti di tutto il mondo è la sorte di 130 mila elefanti natii. La realizzazione dei siti minerari metterebbe a repentaglio la loro vita, spingendoli a spostarsi verso terre a loro sconosciute e potenzialmente incompatibili. Si pensi che il territorio di interesse per il progetto si estende per migliaia di chilometri quadrati, con il limite superiore dato dal fiume Okavango.
La compagnia che si occupa dell’esplorazione e della realizzazione dei pozzi petroliferi è la canadese ReconAfrica. Sul sito della compagnia si legge come essa possegga il 90% delle licenze per l’esplorazione petrolifera della Namibia nord settentrionale. Sale addirittura a 100% la proprietà delle licenze nel Botswana settentrionale. Entrambe le zone sotto licenza petrolifera esplorativa della ReconAfrica sono contigue tra Namibia e Botswana e coprono un’area totale di 34’325 chilometri quadrati. Gli obiettivi principali per la fine del 2021 prevedo la realizzazione del secondo e terzo pozzo e di una mappatura territoriale approfondita. Intanto la compagnia ha avviato l’esplorazione scavando il primo pozzo esplorativo a dicembre del 2020. Si stima che l’attività petrolifera sarà tra le più grandi al mondo, con una produzione che oscillerà tra i 60 e 120 miliardi di barili. Per i governi di Namibia e Botswana si tratta di entrate milionarie nelle loro casse.
Il governo namibiano esplicita che sono state concesse solamente le licenze per l’esplorazione petrolifera e sismica. La compagnia ReconAfrica, dunque, non dispone ancora dei permessi per avviare le attività di estrazione e produzione petrolifera. Riguardo all’impatto ambientale dell’opera afferma che i pozzi esplorativi non sono realizzati “in aree protette o sensibili, pertanto non avranno alcuna ripercussione sulla fauna selvatica locale”. Secondo il governo sembrerebbe che non ci siano minacce ambientali incombenti per gli elefanti e le specie animali autoctone. ReconAfrica creerebbe posti di lavoro e uno stimolo all’economia di questi stati, che potrebbero finanziare azioni parallele in grado di neutralizzare le emissioni. La compagnia è fiduciosa che il progetto proseguirà in modo responsabile, rispettando ambiente, fauna e comunità locali. Arrivano rassicurazioni anche riguardo vibrazioni e rumorosità, con l’utilizzo di apparecchiature a bassa frequenza. Inoltre, si promette l’interruzione delle attività nelle ore notturne, quando gli elefanti comunicano maggiormente tra loro.
Le preoccupazioni degli esperti e della popolazione sono nate dopo la presunta correlazione tra le centinaia di elefanti morti e la crescente diffusione di alghe tossiche negli abbeveratoi naturali. La diffusione delle alghe tossiche è imputata al riscaldamento globale, causa di stravolgimenti climatici e ambientali. Secondo Rosemary Alles, co-founder del progetto Global March for Elephants & Rhinos, è incomprensibile che la caccia ai combustibili fossili della ReconAfrica vada avanti. In pochi anni la popolazione degli elefanti in Africa è dimezzata fino alla cifra attuale di circa 450 mila esemplari. La realizzazione della rete petrolifera nel bacino del Kavango ne metterebbe in serio rischio 130 mila esemplari. Le preoccupazioni arrivano da più fronti. Nnimmo Bassey, direttore di Health of Mother Earth Foundation e presidente di Oilwatch Africa, critica aspramente il progetto poiché “ogni elemento del processo devasterebbe l’ecosistema e le comunità locali che per l’agricoltura e la pesca dipendono da esso”.
Anche l’International Energy Agency dice la sua sull’argomento. Ribadisce l’importanza di perseguire l’obiettivo delle zero emissioni al 2050. A tal fine è necessario interrompere, entro il 2021, l’esplorazione e l’avvio di nuovi siti per l’estrazione di combustibili fossili. Il progetto della ReconAfrica di estrarre miliardi di barili di petrolio dal suolo africano collide completamente con questi propositi. Alimenta la probabilità che la soglia critica di temperatura venga presto raggiunta e mina a livello locale l’ecosistema del bacino del Kavango.
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