Si parte dalla biomassa di origine urbana e si arriva alla produzione di nanoparticelle. Queste sono magneto – reattive e possono essere utilizzate in un processo di adsorbimento. Uno studio guidato dal Politecnico di Torino mostra che in questo modo è possibile rimuovere sostanze contaminanti dalle acque reflue.
Quando si parla di biomassa si apre un mondo di possibilità. Si tratta di materia organica di origine biologica, scarti industriali o residui di vario tipo. Tutti questi materiali possono essere utilizzati in diversi modi per la produzione energetica o chimica. Per questa seconda applicazione, la biomassa più indicata è quella di origine ligno-cellulosica. Si tratta di materia secca derivante da sostanze vegetali, composta da polimeri di carboidrati e polimeri aromatici.
Lo studio parte da biomassa urbana, in particolare da residui di giardinaggio. La biomassa può essere valorizzata per ricavarne sostanze in grado di ridurre contaminanti e che possano essere reimmesse nel ciclo economico. In particolare, la biomassa viene utilizzata come fonte di carbonio. Attraverso un metodo di coprecipitazione e successivo riscaldamento si sono sintetizzate nanoparticelle rivestite di carbonio. Attraverso un approccio multidisciplinare il materiale ottenuto è stato analizzato per verificarne la capacità di adsorbimento. L’applicazione pensata è infatti quella di eliminare composti idrofobici. Le nanoparticelle sono magneto – sensibili e composte da ossidi di ferro, in seguito stabilizzati con opportuni gusci protettivi. Possibili materiali di rivestimento sono la silice, materiali organici a base di carbonio o biopolimeri.
Le nanoparticelle richiedono di essere opportunamente trattate e manipolate utilizzando il campo magnetico. Per prima cosa, è necessaria un’operazione di coprecipitazione in una soluzione acquosa di sali di ammonio. Questa procedura consente di sintetizzare ossidi di ferro da soluzioni acquose a temperatura ambiente o ad alta temperatura. L’operazione successiva è la pirolisi, ovvero una decomposizione termica a 550 °C e in ambiente privo di ossigeno e ricco di azoto. Questo trattamento cambia la composizione, eliminando i sali e modificando l’interazione del rivestimento con il materiale magnetico.
La principale applicazione ipotizzata è la rimozione degli idrocarburi policiclici aromatici (PAH). Il risultato raggiunto fa pensare ad una possibile sintesi di materiali adsorbenti magneto – sensibili per la bonifica delle acque reflue. Composti come i PAH sono pericolosi contaminanti, tossici per gli organismi acquatici e dannosi anche per l’agricoltura. Essi sono resistenti alla biodegradazione e dunque rappresentano un rischio significativo, anche per la salute umana. Per il loro trattamento vengono di solito utilizzate tecniche di adsorbimento selettivo, ma esiste il problema del recupero dei materiali utilizzati. I materiali magneto – sensibili a base di carbonio risultano invece facilmente recuperabili e pertanto il loro impiego si pone come soluzione. I PAH sono messi a contatto diretto con il materiale derivato dalla biomassa. Questo è stato poi recuperato facilmente mediante separazione magnetica.
I materiali sintetizzati hanno mostrato un’elevata capacità di adsorbimento dei PAH. L’operazione prevede due meccanismi, uno consente la rimozione di molecole in base al numero di anelli aromatici e l’altro in base al numero di gruppi idrofobici. L’efficacia quindi dipende molto dalla struttura sia della nanoparticella che della molecola da rimuovere. La stessa operazione si può applicare anche a un campione di acqua arricchito con olio greggio. I risultati sono analoghi a quelli riscontrati per i PAH. Le conclusioni ottenute confermano la possibilità di impiego delle nanoparticelle derivati da biomassa per operazioni di bonifica. Ciò consentirebbe il ripristino dell’equilibrio delle acque e quindi delle condizioni ottimali per l’agricoltura e l’utilizzo del territorio.
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