L’Artico si sta scaldando più rapidamente rispetto al resto del globo. Questo fenomeno si indica con il termine amplificazione Artica, e rappresenta uno dei più preoccupanti effetti del riscaldamento globale. Attraverso i due progetti Ecapac e Sentinel, Enea e Cnr ne stanno analizzando le principali cause. L’individuazione di queste ultime, infatti, rappresenta un primo e fondamentale passo verso una più profonda comprensione del cambiamento climatico.
Dalla seconda metà del ventesimo secolo, il tasso di riscaldamento dell’artico è accelerato rispetto a quello della media globale. Secondo quanto riporta l’INGV (l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), negli ultimi vent’anni la temperatura superficiale in Artide è aumentata di più del doppio rispetto alla media globale. L’aumento delle temperature va a influire, chiaramente, sulla media annuale dell’estensione del ghiaccio marino. Dal 1979 (anno di inizio delle osservazioni satellitari) al 2012, quest’ultima è diminuita con un tasso di circa il 4%. Per quanto riguarda la sola stagione estiva, la diminuzione si attesta invece intorno all’11-12% per decade. Per dare un’idea dell’entità del problema, stiamo parlando di circa 900.000 km quadrati di ghiaccio che si sciolgono ogni 10 anni.
Le regioni polari stanno rispondendo in maniera estremamente rapida al riscaldamento globale. Attraverso i due progetti Ecapac e Sentinel, gli scienziati di Enea e dell’Istituto di Scienze Polari del Cnr stanno indagando il fenomeno dell’amplificazione Artica. L’obiettivo è quello di studiare i processi che lo governano, al fine di individuarne le cause e relative conseguenze, che si riflettono sull’intero sistema climatico. Le calotte polari e ghiacciai, infatti, intrappolano circa l’80% della totalità di acqua dolce presente sul nostro Pianeta.
La riduzione di estensione delle calotte polari comporta un progressivo aumento del livello degli oceani. La perdita di massa dei ghiacciai, infatti, si riversa direttamente nei mari, con conseguenze drammatiche sia dal punto di vista climatico che sociale. Inoltre, il ghiaccio marino riveste un’importanza fondamentale per la fauna artica, soprattutto per quanto riguarda gli spostamenti e le attività di caccia. Lo sottolinea Virginia Ciardini, ricercatrice Enea del Laboratorio di Osservazioni e Misure per l’ambiente e il clima.
Oltre a oceani e ghiacciai, il fenomeno dell’amplificazione Artica interessa profondamente anche il clima. Rispetto al ghiaccio, infatti, il mare (più scuro) è in grado di assorbire molta più energia solare. In particolare, per queste valutazioni, ci si riferisce all’albedo, cioè al potere riflettente di una superficie. Una superficie coperta di ghiaccio ha albedo alta (riflette quasi l’80% della radiazione incidente). Il mare, al contrario, ne riflette circa il 5%, e assorbe la restante parte. Quest’energia viene accumulata nell’acqua, e poi in parte rilasciata sotto forma di calore nell’atmosfera, che subisce un aumento di temperatura. Possiamo definirlo un circolo vizioso: più il ghiaccio si scioglie, più l’atmosfera si riscalda, causando un’ulteriore riduzione della copertura di ghiaccio marino.
Perché nelle regioni artiche gli aumenti di temperatura dell’atmosfera hanno un impatto così pesante? Se teniamo presente che nelle aree polari la temperatura media annuale è di circa -1°C, è chiaro che un “semplice” aumento di temperatura di 1 o 2°C è in grado di portare la media da valori negativi a valori positivi. L’acqua, dunque, passa dalla forma alla solida alla forma liquida. E’ per questo motivo che le regioni polari sono le aree più vulnerabili ai cambiamenti climatici in atto. Una profonda comprensione del fenomeno è strettamente necessaria per capire le future evoluzione del nostro clima e dei processi ambientali. L’Italia, attraverso i due progetti guidati da Enea e Cnr, si trova attualmente al centro della ricerca.
Il progetto Ecapac è partito lo scorso 4 gennaio e terminerà il 12 gennaio 2022. E’ coordinato dal Laboratorio di Osservazioni e Misure per l’ambiente e il clima dell’Enea, in collaborazione con il Dipartimento di Fisica della Sapienza, l’Ingv, l’Università di Firenze e il Lamont-Doherty Earth Observatory del Columbia University Earth Institute. L’obiettivo del progetto sarà la valutazione della variabilità delle precipitazioni e i conseguenti effetti sulla copertura di neve e ghiaccio. Per condurre queste analisi, i ricercatori di Enea si serviranno di misure in situ e di sistemi di rilevamento dedicati.
Il progetto Sentinel è partito lo scorso 10 febbraio e durerà due anni. E’ coordinato dall’Istituto di Scienze Polari del Cnr con la collaborazione di Enea, dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima. L’obiettivo è l’analisi dell’impatto dell’amplificazione artica sull’atmosfera, in particolare sui processi chimici del bromo e del mercurio. La presenza di bromo nell’atmosfera artica, infatti, sembra essere fortemente controllata dall’estensione del ghiaccio marino. Lo scioglimento dei ghiacciai, dunque, avrebbe comportato una modifica del ciclo del bromo e, di conseguenza, quello del mercurio (notoriamente tossico per la salute umana).
La ricerca scientifica rappresenta un’arma fondamentale nella lotta al cambiamento climatico. Nell’ambito dei due progetti descritti, l’aspettativa è quella di ottenere una migliore comprensione dei possibili mutamenti dei processi ambientali delle regioni artiche. I risultati non forniranno, forse, una soluzione definitiva al problema, ma consentiranno di comprenderne al meglio le cause e le conseguenze a medio termine. Un punto di partenza fondamentale nell’individuazione della strada giusta.
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