Recuperare energia dal calore è possibile. Tempo fa abbiamo discusso delle piastre Peltier per la produzione di energia dal calore del nostro corpo. Ma è possibile trasformare in energia elettrica il calore di scarto in contesti industriali? L’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), insieme al Politecnico di Torino, ha brevettato il dispositivo Torodyna. Il nuovo generatore Torodyna (TORoidal DYNAmo) rientra nella pubblicazione, sulla rivista Applied Energy, a cura di Alessandro Chiolerio, del Centro per le future tecnologie sostenibili dell’Iit (Csft-Iit Torino), e del dottorando Erik Garofalo del Politecnico.
La ricerca pubblicata presenta il torodyna come il primo raccoglitore di energia termomagnetico a circuito chiuso, basato sull’avvezione termomagnetica e sfruttando un ferrofluido commerciale. Il prototipo in scala di laboratorio ha una geometria toroidale, come le macchine inerziali tokamak. I moduli Peltier vengono utilizzati per controllare il gradiente termico che viene raccolto e convertito direttamente in energia elettrica, mentre i magneti permanenti innescano l’avvezione. I sensori di temperatura sono installati lungo le pareti toroidali (termistori) e sono posti a contatto con il fluido rotante (termocoppie).
Per estrarre e garantire la produzione di energia elettrica, la struttura è avvolta da bobine di induzione.
La potenza per unità di differenza di temperatura estratta è di 10,4 μW/K. Questo posiziona il dispositivo vicino al 20% dell’efficienza ideale di una macchina termica che lavora sulla stessa differenza di temperatura.
Il prototipo è in bioplastica 100% riciclabile, dal peso di circa 2 kg. La sua forma toroidale gli consente di essere installato su tubature di impianti industriali, elettrodomestici e automobili, recuperando in questo modo un’energia dal calore, altrimenti sprecato. Il recupero di energia da fonti ad entalpia estremamente bassa può svolgere un ruolo importante nell’aumentare la sostenibilità delle future applicazioni energetiche: le basse differenze di temperatura sono comuni e offrono una fonte abbondante, disponibile sia in ambiente naturale che come risultato di numerosi processi industriali. Pensiamo infatti agli attriti degli organi meccanici, o al passaggio di correnti in dispositivi elettronici.
Il funzionamento si basa sull’effetto di avvezione termomagnetica di un materiale ferrofluido all’interno di una geometria ad anello chiuso. L’avvezione è il trasporto di una sostanza o quantità mediante movimento di massa. Le proprietà che vengono trasportate con la sostanza avanzata (di solito un fluido) sono proprietà conservate come l’energia. L’effetto prevede un gradiente termico parallelo ad un campo magnetico (che la magnetite produce), che induce il movimento del fluido magnetico all’interno del toroide, che si muove producendo corrente elettrica nelle bobine integrate.
L’elettricità così prodotta può essere immagazzinata in un sistema di stoccaggio energetico per alimentare dispositivi elettronici, come computer, smartphone, sensori, sistemi di illuminazione.
I ricercatori sottolineano nel loro lavoro alcuni aspetti da migliorare, come la riduzione delle perdite. Esse dipendono principalmente dalla dispersione del flusso magnetico, dalla viscosità e dalla sedimentazione del fluido.
Attualmente una versione più semplice ed efficiente del dispositivo è in fase di analisi, per la quale è stato depositato un secondo brevetto. Le sperimentazioni hanno l’obiettivo di ottenere nel 2021 un prototipo pre-industriale che possa essere sperimentato in un ambiente operativo nel medesimo settore.
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