Aumentare l’utilizzo dei biocombustibili nei trasporti è di fondamentale importanza per la transizione energetica dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili. In Italia il settore trasporti ha consumi molto elevati, ma è quello che più fatica a raggiungere gli obiettivi previsti. È ciò che hanno mostrato le recenti statistiche elaborate dal GSE e che riguarda anche molti altri Paesi.
Ci sono tante strade per ottenere biocombustibili che permettano di alimentare i nostri mezzi di trasporto per renderli 100% rinnovabili. Una delle tecniche più diffuse consente di purificare il biogas prodotto con la digestione anaerobica per ottenere biometano. Essendo equivalente al metano di origine fossile, può essere utilizzato nei trasporti, che diventerebbero però di origine biologica. Quindi avremmo normali automobili che però durante la loro vita utile sarebbero molto meno impattanti per l’ambiente.
Ulteriori possibilità risiedono nell’utilizzare l’idrogeno “green”, accumulato dai processi di elettrolisi dell’acqua, come sostanza da miscelare all’anidride carbonica. Da questa reazione chimica (reazione di Sabatier) si produce metano, che si può aggiungere a quello prodotto dal biogas.
Non solo biometano, ma anche biodiesel, un biocombustibile di impiego immediato che si ottiene da oli vegetali mediante digestione aerobica. Caratteristiche distintive sono l’assenza di zolfo e la riduzione del particolato fine. In più la riduzione dei gas serra fa risparmiare circa 2,5 tonnellate di CO2 per ogni tonnellata di gasolio sostituita.
Passiamo al bioetanolo, che può essere prodotto dalle biomasse mediante fermentazione alcolica, senza fonti fossili. Il bioetanolo può essere aggiunto nelle benzine comunemente usate nei trasporti con una percentuale fino al 30%. Le materie prime per la produzione di etanolo sono molteplici. Si usano residui di coltivazioni o di lavorazioni industriali, materiali zuccherini, amidacei o ligno-cellulosici. Resta poi la possibilità di prevedere coltivazioni ad hoc.
Percentuali elevate di bioetanolo possono però danneggiare i motori per il contenuto residuo di umidità. Per risolvere il problema si aggiunge al bioetanolo l’isobutilene per formare bio-ETBE, che eleva l’efficienza di combustione.
Secondo il GSE, i biocombustibili immessi in consumo in Italia nel 2019 sono stati sostenibili al 99,9%. Tra essi troviamo soprattutto il biodiesel, i cui usi finali sono passati dal riscaldamento ai trasporti già dal 2008. I numeri sono invece molto bassi per tutti gli altri, soprattutto per il bioetanolo.
Nel 2019 il principale produttore di biocarburanti consumati sul territorio italiano è stata proprio l’Italia, con circa 588.000 tonnellate. Ma solo il 16% deriva da materia prima nazionale.
In generale, la quota rinnovabile dei consumi finali nel settore trasporti è inferiore dell’ 1% circa rispetto alle previsioni. Si tratta quindi di un settore che richiede ancora molti sforzi.
A livello mondale, tra i Paesi leader nella produzione di biocarburanti ci sono gli Stati Uniti ma anche il Brasile. In particolare, in Brasile sono molto diffusi i veicoli flex fuel alimentati con benzina, bioetanolo o una miscela dei due.
Le biomasse sono insieme ai rifiuti la fonte rinnovabile che porta con sé i maggiori problemi di accettabilità sociale. Questo accade perché le biomasse sottraggono terreni all’agricoltura e spesso competono con la filiera alimentare.
Molte aspettative sono quindi riposte nei cosiddetti biocombustibili di seconda e terza generazione, tra cui il bioetanolo di origine ligno-cellulosica. Infatti utilizzando potature, scarti legnosi o colture su terreni marginali, si eviterebbero competizioni con il settore agricolo e alimentare. Ad esempio, la cellulosa può essere convertita in zuccheri che successivamente vengono trasformati in etanolo utilizzabile nei trasporti. La lignina, invece, costituisce un sottoprodotto che può essere utilizzato nella cogenerazione. Tuttavia, il processo produttivo del bioetanolo da materiali ligno-cellulosici non è ancora maturo e comporta costi ancora molto elevati.
Certo, con l’utilizzo dei biocombustibili nei trasporti questo settore diventerebbe rinnovabile. Tuttavia, la coltivazione delle biomasse e la produzione dei biocombustibili non sono processi a impatto zero. Basta pensare ad esempio all’uso di energia da fonte fossile durante la coltivazione. Per questo è necessario valutare caso per caso se l’intero ciclo di vita del biocombustibile causi effettivamente meno impatti.
Oltre alle emissioni di gas serra, vanno anche considerati tutti gli altri impatti ambientali, non relativi al cambiamento climatico. La letteratura scientifica suggerisce che le automobili a biocombustibili abbiano effetti simili o peggiori rispetto a quelle a combustibili fossili.
Insomma, quando si parla di biomasse si tocca un argomento che porta con sé enormi potenzialità ma anche enormi problematiche. Perciò bisogna prenderne atto per affrontare, e superare, le sfide che il futuro ci riserva.
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