Il concetto di “edificii ecosostenibili” è piuttosto complesso e può risultare approssimativo e, a tratti, astratto. È fondamentale stabilire un criterio di standardizzazione di questo concetto, cercando di renderlo il più concreto possibile. Per realizzare questo scopo, nel corso degli anni, molti paesi hanno sviluppato sistemi di valutazione della ecosostenibilità degli edifici.
Il settore degli edifici è responsabile del 26,7% del consumo di energia primaria in Europa, più di 283 milioni di tep (tonnellate equivalenti di petrolio). In Italia, la percentuale è addirittura maggiore: 28%, pari a più di 32 milioni di tep. Le voci più importanti relative a questi consumi in Europa sono: riscaldamento degli ambienti (63,6%), produzione di acqua calda sanitaria (14,8%) e illuminazione artificiale ed elettrodomestici (14,1%). Dunque, per potersi definire edifici ecosostenibili, gli stabili devono essere valutati in maniera approfondita dal punto di vista dei consumi. La maggior parte delle strutture particolarmente energivore sono di tipo residenziale. Ciò è riconducibile al fatto che molti fabbricati sono di antica costruzione; pertanto, le innovazioni tecnologiche, che permettono di ridurre i consumi, non sono presenti nella stragrande maggioranza degli edifici, soprattutto in Italia.
La sostenibilità nell’edilizia sta ricevendo una grande risonanza a livello internazionale, attraverso nuove normative ambientali. Nei diversi paesi sono nati protocolli con lo scopo di trovare criteri comuni per stabilire se un edificio possa essere ecosostenibile. La maggior parte di questi si basano sulle caratteristiche della struttura, attribuendo un determinato punteggio. Questo discorso si estende a tutto il ciclo di vita della costruzione; si considerano, infatti, anche i materiali utilizzati e la qualità costruttiva dello stabile. Si possono considerare edificii ecosostenibili quelle costruzioni che permettono un ridotto utilizzo di risorse, in primis l’energia. Sono considerati rilevanti anche il territorio occupato, i materiali e le materie prime utilizzate. Lo scopo è proteggere l’ambiente e ridurre l’inquinamento legato ai consumi nell’edilizia.
Ogni protocollo stabilisce, secondo i propri criteri, quali caratteristiche di un edificio tenere maggiormente in considerazione. Per la maggior parte delle certificazioni si attribuiscono punteggi allo stabile che lo identificano come ecosostenibile o meno. Le peculiarità più importanti sono legate alla tipologia di impianti installati, la qualità dell’involucro edilizio e i consumi della costruzione. Nel 1990 è stato sviluppato il primo criterio di valutazione della ecosostenibilità degli edifici, il BREEAM (Building Research Establishment’s Environmental Assessment Method); tale protocollo, ad oggi, viene utilizzato in più di 80 paesi e conta più di 500 mila certificazioni. Successivamente, sono nati molti altri criteri di valutazione come ITACA, il protocollo sviluppato in Italia, o il Green Star, utilizzato soprattutto in Australia. Tra i sistemi più affermati a livello internazionale per la classificazione dell’efficienza energetica e dell’impronta ecologica degli edifici c’è il LEED, sviluppato dall’U.S. Green Building Council.
Una delle caratteristiche fondamentali del LEED è che tratta la sostenibilità degli edifici nelle diverse fasi: progettazione, costruzione, manutenzione e utilizzo. Si valutano i progetti sottoposti al protocollo in questione tramite l’ottenimento di un punteggio sotto forma di crediti. Questi si attribuiscono in base alle caratteristiche dello stabile riguardanti nove aree fondamentali:
Il processo di certificazione LEED si elabora spesso parallelamente alla fase di progettazione. Durante lo sviluppo del progetto si scelgono le caratteristiche migliori dal punto di vista del rapporto costi/benefici. In alternativa, può essere svolto anche a posteriori del progetto stesso, anche se in questo caso i crediti ottenibili saranno verosimilmente minori. Si procede dunque con l’analisi di una checklist di caratteristiche legate alle aree sopracitate. Si valuta, infine, se l’edificio possa rientrare o meno nei limiti evidenziati dal protocollo.
Una volta completata, la checklist viene inviata al Green Building Certification Institute (GBCI). Tale organizzazione sottopone il progetto ad una prima revisione, detta “Design review”. Vengono confrontati i crediti ottenuti con i calcoli e le simulazioni eseguite, per verificare che i punteggi indicati siano effettivamente verificati. Una volta superata questa prima fase, si procede con la realizzazione del progetto esecutivo e, quindi, con la costruzione dell’edificio; è richiesta, poi, una seconda revisione del progetto, detta “Construction review”. In questa fase viene verificato che l’edificio costruito sia conforme a quanto indicato nel progetto primario e già analizzato nella prima fase. Al termine di questa seconda revisione, si ottiene la certificazione dell’edificio. Viene attribuito un livello a seconda del punteggio finale ottenuto tramite la verifica dei crediti.
I livelli di certificazione LEED ottenibili sono i seguenti:
Dal punto di vista legislativo e burocratico la sostenibilità nell’edilizia è ancora troppo poco considerata. Sono stati concessi incentivi negli ultimi anni, come il superbonus del 110%, relativi però alla semplice classificazione energetica. I risultati che si ottengono con l’attestato di prestazione energetica (APE), sono troppo approssimativi. L’analisi svolta dai protocolli certificatori, come il LEED, invece è molto approfondita e dettagliata. Forse, dunque, si dovrebbero prendere maggiormente in considerazione queste valutazioni. Ciononostante, gli edifici ecosostenibili certificati sono in forte crescita. Infatti, i risparmi ottenibili sia sul piano energetico che economico sono notevoli e, soprattutto, si riesce a migliorare la qualità della vita dei fruitori. Non è di secondaria importanza anche il ritorno in termini di immagine che ottiene il costruttore dello stabile analizzato tramite i protocolli sopracitati.
Articolo a cura di Giulio SERI
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