La mancanza di acqua potabile è sempre stata una spina nel fianco per i Paesi in via di sviluppo. La ricerca sta facendo passi da gigante in questo campo, sviluppando nuove tecnologie per la desalinizzazione dell’acqua. Metodi innovativi e materiali complessi rendono il processo sotenibile ed efficace. Andiamo a scoprirne alcuni.
Il processo di desalinizzazione e di purificazione dell’acqua salata o salmastra è tutt’ora uno dei temi centrali per la salvaguardia del nostro Pianeta. Da anni la scarsa disponibilità di acqua potabile soprattutto nei paesi più poveri sta distruggendo intere popolazioni. Quindi la necessità di avere acqua assimilabile dall’organismo è molto importante. Nei Paesi in via di sviluppo, gli impianti tradizionali di desalinizzazione e purificazione delle acque non sono accessibili per chiunque, a causa della mancanza di una rete idrica che possa coprire tutto il territorio, e soprattutto dalla scarsa presenza di infrastrutture. Ecco che diverse start-up e università a livello mondiale e di alto prestigio stanno lavorando per brevettare sistemi di desalinizzazione per la purificazione dell’acqua.
Ma non solo, si sta cercando di creare tecnologie facili da usare, alla portata di tutti dal punto di vista economico e con una quantità di energia utilizzata bassissima rispetto a quella sfruttata dagli impianti tradizionali.
Insomma, sembra che la via intrapresa da molte aziende e università per il raggiungimento di una desalinizzazione sostenibile sia quella giusta. Andiamo più nello specifico a vedere quali sono state alcune delle innovazioni in questo campo nell’ultimo decennio.
“Ai tempi, la ricerca sulla desalinizzazione dal punto di vista dei materiali non era molto popolare.” Il metodo maggiormente utilizzato era quello della osmosi inversa, ovvero la realizzazione di una membrana che trattiene il soluto da una parte impedendone il passaggio e permettendo invece di ricavare il solvente puro dall’altra. Un team di ricercatori del MIT ha deciso di buttarsi di nuovo nella produzione di una membrana, ma questa volta composta da un foglio di grafene. La chiave di questo nuovo processo è data dal controllo microscopico dei fori, quindi dalla precisione ottimale di filtrazione.
Grande sorpresa per come il grafene eseguisse il suo lavoro rispetto agli altri materiali, esso è in grado di generare acqua dissalata a una velocità molto maggiore, utilizzando lo stesso quantitativo di energia della osmosi inversa. Ma l’innovazione non si è fermata di certo al solo impiego di materiali più performanti, ci spostiamo ora su processi elettrochimici.
Una start-up americana, la Okeanos Technologies, per raggiungere lo scopo, si è basata sull’elettronica, realizzando un nanochip in grado di rendere potabile l’acqua salata. L’idea è nata da una collaborazione tra l’Università del Texas e l’Università di Marburg in Germania. Alla base di questa tecnologia, vi è un processo elettrochimico di separazione del sale dall’acqua di mare attraverso un piccolo campo elettrico.
In sostanza, viene applicata una tensione di 3.0 volt sul chip di plastica, composto da due microcanali. Grazie all’anodo, che funge da elettrodo sacrificale, gli ioni cloruri vengono neutralizzati e depositati sulla sua superficie che corrode. Quindi i sali vengono dirottati tramite l’anodo in un canale, mentre l’acqua desalinizzata fuoriesce dall’altro. Sebbene ogni chip sia in grado di desalinizzare un microlitro alla volta, questa tecnologia è per sua natura modulare. Ciò significa che se si utilizzano centinaia o migliaia di circuiti integrati insieme possono convertire una grande quantità di acqua.
Dopo una breve panoramica americana, torniamo in Italia, precisamente al Politecnico di Torino dove un gruppo di ricercatori ha creato un sistema di separazione del sale dall’acqua attraverso il calore del sole.
Si proprio così, il giovane gruppo di ricercatori composto da Eliodoro Chiavazzo, Matteo Morciano, Francesca Viglino, Matteo Fasano e Pietro Asinari ha prodotto un dispositivo galleggiante desalinizzante per l’acqua marina. Nell’articolo pubblicato su Nature Sustainability è spiegato come il calore latente di vaporizzazione e di condensazione dell’acqua venga riutilizzato più volte prima di essere disperso nell’ambiente. Il design di base è costituito da un materiale poroso in grado di raccogliere l’acqua marina, senza bisogno di pompe o di macchinari costosi e ingombranti. Inoltre, una membrana idrofobica tra l’acqua contaminata e quella potabile evita che si mescolino.
Il processo di distillazione che va oltre il singolo stadio, opera a pressione ambiente, dal momento che il Sole fornisce tutta l’energia termica necessaria.
Ultima ma non meno importante è l’invenzione del designer italiano Gabriele Damanti, che nella sua semplicità, è una piccola rivoluzione. Eliodomestico è alla portata di tutti, e il suo funzionamento è così immediato che non può destare incertezze. Molto banalmente, il mattino si riempie la caldaia rigorosamente nera, con l’acqua di mare, stringendo il tappo. La temperatura e la pressione all’interno lentamente aumentano grazie al calore emanato dal Sole e l’acqua inizia ad evaporare. A causa di una piccola sovrappressione il vapore passa attraverso un tubo di collegamento che funge da condensatore e scende verso il basso.
Il vapore, una volta condensato e ritornato in forma liquida, perde la salinità iniziale e diviene acqua potabile e adatta agli usi domestici. Il progetto è open source, senza fini di lucro e uno solo di questi dispositivi può desalinizzare 5 litri di acqua al giorno operando senza filtri, né elettricità.
Articolo a cura di Marco MASETTI
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