Si è diffusa grandemente la notizia secondo la quale imprevisti livelli di concentrazione di carbonio 14 siano rilevati nelle acque di refrigerazione del reattore di Fukushima. Queste saranno probabilmente sversate nell’oceano adiacente. Greenpeace sostiene addirittura che tali livelli potrebbero modificare il DNA umano. Ancora una volta l’allarmismo e la paura dissemina indignazione intorno a questo argomento, largamente incompreso. Se per molto tempo l’attenzione dei media ha puntato sugli effetti delle particelle di trizio, isotopo instabile dell’idrogeno con tempo di decadimento di circa 12 anni. Ora le dichiarazioni vertono su una presunta inaspettata presenza di carbonio 14 nella suddetta acqua.
Le acque di raffreddamento del nocciolo della centrale di Fukushima sono state negli anni sottoposte a due filtraggi (il secondo precauzionale). Questi ultimi hanno eliminato quasi la totalità degli elementi radioattivi contenutivi, fatta eccezione del trizio, a causa delle sue dimensioni (1 protone – 2 neutroni). La pericolosità del trizio, come di tutti gli elementi radioattivi, sta nella dose che viene accumulata dai tessuti organici del corpo umano. Tuttavia, il tempo di decadimento del trizio molto maggiore rispetto al tempo di permanenza nel corpo dopo l’assimilazione. La conseguenza è che non esistono ufficialmente morti riconducibili direttamente a questo elemento, la cui presenza è tollerata anche nell’acqua potabile (in UE 100 Bq/L). Le linee guida internazionali ammettono addirittura 7000 Bq/L.
Non dimentichiamoci di contestualizzare. L’acqua in questione non è da essere bevuta, ma (secondo la proposta di TEPCO) da essere sversata nell’Oceano Pacifico con una gradualità tale da non inficiare neanche le attività ittiche della zona. La radioattività dell’oceano è già alta (milioni di miliardi di miliardi di decadimenti al secondo), quindi rimarrebbe pressoché immutata a valle dello sversamento.
Entrambi gli elementi (Trizio e C-14) sono stati rilevati durante le analisi fatte prima e dopo il secondo filtraggio in centrale di Fukushima. Essendo entrambi emettitori beta, la pericolosità di questi elementi è modesta. Il decadimento consiste nella conversione di un neutrone in un protone, un elettrone e un antineutrino. Gli elettroni vengono schermati dallo strato esterno dell’epidermide del corpo umano nella stragrande maggioranza dei casi. Inoltre, essendo gli elettroni sottoposti agli effetti dei campi elettrici di nuclei limitrofi alla zona di emissione, perdono gran parte della loro energia cinetica, risultando quasi del tutto innocui (effetto Bremsstrahlung).
Il carbonio 14 è contenuto inoltre anche nel corpo umano, essendo questo composto dal 23% di carbonio. Ricordo che è presente un C-14 ogni milione di miliardi di atomi di C-12 (stabile). Un individuo di 70 kg può arrivare a contenere più di 3 kBq solo da carbonio 14.
In conclusione, il 21 Ottobre 2020 la TEPCO (Tokyo Electric Power Company) ha fornito un report alla IAEA (ente regolatore interazionale sull’energia atomica) in cui, sulla base delle analisi condotte a Fukushima nel mese di Settembre, si registrano livelli di radioattività residua ben al di sotto dei target stabiliti.
Insomma, ancora una volta i motivi dell’ostilità contro l’atomo di organizzazioni internazionali come Greenpeace rimangono misteriosi. Non si spiegano, d’altra parte, le pubblicazioni di articoli allarmistici su alcuni dei maggiori quotidiani italiani. I rifiuti nucleari, come le scorie radioattive, non sono realmente il problema che tutti credono.
Articolo a cura Andrea FASULO
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