Il Seawater Air Conditioning (SWAC), letteralmente aria condizionata ad acqua marina, è un sistema che si basa sullo sfruttamento delle acque fredde oceaniche per climatizzare gli edifici realizzati lungo le coste, soprattutto nelle regioni intertropicali.
Il brevetto ha già diverse applicazioni all’attivo e, secondo i ricercatori, si tratta di una promettente soluzione. Questo progetto riprende la tecnologia nota come “raffreddamento ad acqua profonda”, che sfrutta un grande copro idrico come dissipatore di calore. La SWAC, però, ha attraversato il Pacifico. Da un resort a Bora Bora, agli edifici nel porto di Sydney, passando per il Natural Energy Laboratory of Hawaii Authority e alcuni hotel di Hong Kong. Nonostante le nuove attenzioni ricevute, l’aria condizionata ad acqua marina rimane una tecnologia sottovalutata e sottoutilizzata. Un team di scienziati, con a capo l’Istituto Internazionale per l’Analisi dei Sistemi Applicati (IIASA), ha valutato attentamente i pro ed i contro di questa alternativa tradizionale, scoprendo chi guadagnerebbe dal suo utilizzo.
La tecnologia SWAC prevede il pompaggio fino alla costa di acqua di mare da profondità oceaniche di circa 700-1200 metri, dove le temperature sono tra i 3°C e i 5°C. Sulla terra ferma un impianto scambia il calore con un sistema di tele-raffrescamento e restituisce l’acqua più calda all’oceano. Da qui si ottiene l’aria condizionata della temperatura richiesta. Solo un metro cubo di acqua di mare, in un impianto SWAC, potrebbe fornire la stessa energia di raffreddamento di quella generata da 21 turbine eoliche o da una centrale solare grande come 68 campi da calcio. I ricercatori della IIASA hanno inoltre sviluppato un modello computazionale, stimando il costo del raffrescamento con la SWAC a livello mondiale. Hanno valutato anche la possibilità di utilizzare questo sistema come alternativa per lo stoccaggio di energia da fonti rinnovabili.
Lo SWAC presenta un comportamento piuttosto strano per quanto riguarda le sue spese. Infatti, mentre i sistemi di climatizzazione convenzionali richiedono un basso costo di investimento iniziale ma spese energetiche più elevate per il loro funzionamento, per l’aria condizionata ad acqua marina è vero il contrario. Inizialmente presenta un costo di investimento molto elevato, ma la differenza si appiana sul lungo termine, visti i suoi costi di funzionamento molto ridotti. Le piccole isole delle regioni tropicali hanno una distanza della costa molto ridotta rispetto alle acque profonde, costi dell’energia alti e temperature più calde durante l’anno. Per questo si rendono molto interessanti dal punto di vista applicativo.
Ad esempio, a Puerto Plata (Repubblica Dominicana) dove il prezzo dell’elettricità tocca gli 0,16 $ / kWh, il costo del raffreddamento CA è di circa 0,08 $/ KWh. L’aria condizionata ad acqua marina costerebbe 0,042 $/kWh; ovvero il 48 per cento in meno rispetto alle tecnologie convenzionali. A Nauru, stato insulare dell’Oceania, ipotizzando lo stesso costo dell’elettricità si avrebbe un risparmio del 77 per cento. Secondo gli autori la soluzione si presterebbe al raffrescamento di aeroporti, data center, hotel e resort, strutture governative e militari, università ed edifici commerciali.
I risultati indicano inoltre che gli impianti SWAC potrebbero bilanciare la generazione delle rinnovabili non programmabili, utilizzando il surplus verde per accumulare acqua marina in serbatoio termici.
Articolo a cura di Simone CATALDO
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