Il mare, potenzialmente, è una fonte di energia pressochè infinita, il cui sfruttamento completo potrebbe fornire tra i 20.000 e i 90.000 TWh di elettricità all’anno. In tale ottica, si inserisce la centrale maremotrice di La Rance. Tale impianto, come gli altri della stessa categoria, elabora il salto fornito dalla variazione di livello del mare, causato dalle maree.
Nel 1963, iniziarono i lavori di costruzione di quella che è rimasta, fino al 2011, la più grande centrale maremotrice al mondo. È costituita da uno sbarramento lungo 730 metri e alto 13, realizzato sull’estuario del fiume Rance, in Bretagna. Il sito è stato scelto in quanto il dislivello tra alta e bassa marea è di 8 m, con picchi stagionali di 13 m. Durante l’alta marea, le paratie si aprono e l’acqua del mare affluisce nel bacino. Raggiunto il livello massimo, queste si chiudono, per poi riaprirsi durante la bassa marea, permettendo il deflusso.
Entrambe le fasi sono sfruttate per la produzione di energia dalle 24 turbine a bulbo, per una potenza installata di 240 MW. La scelta delle turbine è dovuta alla bassa prevalenza, unita ad un’elevata portata e alla loro reversibilità. Possono, infatti, funzionare da pompe, per innalzare il livello del bacino e produrre energia anche nei momenti in cui non vi è deflusso naturale di acqua.
La costruzione della centrale maremotrice sul Rance, è accompagnata da serie problematiche ambientali. Sebbene fornisca energia pulita, l’impianto in sé è di grandi dimensioni e necessita di un ampio bacino.
Nell’immediato, ha portato ad una variazione della geografia dell’estuario del fiume, che, unita all’afflusso di acqua salmastra, ha danneggiato l’ecosistema dell’estuario. Le fluttuazioni saline dell’acqua hanno fatto scomparire la fauna fluviale e lo sbarramento ha contribuito a formare sedimenti sabbiosi ed organici.
A dieci anni dalla realizzazione, si è vista un’inversione di tendenza, con il ripristino di un ecosistema fluviale precario. Mentre, ad oggi, risulta stabile e diversificato. Ciò è stato possibile con un attento controllo del deflusso delle acque, mediante paratie che permettono il passaggio della fauna. Queste considerazioni, sono da tenere da conto per la realizzazione di tutti gli impianti di questo tipo.
Attualmente, risulta attivo un numero limitato di impianti che sfruttano le maree. Ciò è dovuto agli elevati costi di realizzazione di impianti di tali dimensioni, oltre all’impatto ambientale. L’unica altra centrale di grandi dimensioni attualmente attiva è la centrale maremotrice di Sihwa Lake. Nel 2011, con i suoi 254 MW di potenza installata, ha spodestato la centrale francese per il primato della potenza.
Nonostante sia un’opera recente, è stata accompagnata da molte critiche durante la sua realizzazione. Infatti, sorge su un bacino artificiale preesistente, destinato alle risaie, ma caratterizzato da un forte tasso di inquinamento. In questa ottica, la centrale è pensata anche per regolare il deflusso delle acque e ripulire le acque del bacino. La centrale maremotrice, in generale, garantisce produzione di energia pulita. Ed ha il pregio, rispetto ad altre fonti rinnovabili, di essere prevedibile, basandosi su un fenomeno naturale con andamento regolare.
Le centrali maremotrici, nonostante ciò, non stanno andando incontro ad uno sviluppo repentino, nemmeno con le moderne tecnologie. Questo è dovuto ai costi elevati di impianto, a fattori ambientali e dalla natura stessa dell’impianto, che può essere realizzato solo in zone in cui le maree garantiscono salti sufficienti.
Articolo a cura di Michele EUGENI
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