Il riso coltivato in acqua salata che sfamerà la Cina
La sperimentazione è finalmente realtà: i ricercatori cinesi sono riusciti a identificare nuove tipologie di riso, capaci di crescere in acqua salata. Dopo decenni di tentativi, iniziati negli anni ’70, sembrano aver raggiunto il punto di svolta nella produzione alimentare della Cina. Merito dello scienziato Yuan Longping, 89 anni, che per primo ebbe l’intuizione.
Le coltivazioni di riso in Cina
La Cina è uno dei principali produttori mondiali di riso, con più di 150 milioni di tonnellate prodotte annualmente. Tuttavia, dei quasi 10 milioni di km quadrati di superficie del paese, solo il 15% sono coltivabili. Ci sono infatti moltissime zone nelle quali la coltivazione è resa difficile dall’elevata salinità e alcalinità del terreno. Stiamo parlando di un’estensione di 1 milione di km quadrati che, grazie alle ricerche di Yuan Longpin, diverranno sfruttabili.
Il nuovo metodo di coltivazione
Lo Yuan Mi è stato per la prima volta coltivato vicino la città di Qingdao, utilizzando l’acqua salmastra del Mar Giallo. Questo nuovo tipo non è coltivato nelle risaie tradizionali, con acqua dolce, ma in una risaia situata sulla spiaggia, nella quale è immessa acqua salata precedentemente diluita (il contenuto di sale è di 6 grammi per litro). La produzione ha raggiunto le 9 tonnellate per ettaro, come riporta il Scmp, superando le aspettative degli studiosi. Con questo nuovo sistema di coltivazione, la Cina potrebbe arrivare a produrre 50 milioni di tonnellate di riso in più, sfamando così circa 200 milioni di persone.
I vantaggi del nuovo riso
Secondo Longping, sfruttando anche solo un decimo delle aree aventi caratteristiche simili a quella di Qingdao, la produzione di riso in Cina potrebbe aumentare del 20%. Oltre agli evidenti vantaggi correlati al maggior sfruttamento del territorio e al risparmio idrico, lo Yuan Mi è risultato essere ricco di calcio e di altri micronutrienti. Inoltre, la salinità è un perfetto metodo, del tutto naturale, per combattere i batteri patogeni evitando l’uso di pesticidi chimici.