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Le batterie al litio-zolfo promettono densità energetiche di 2500 Wh/kg, 2000 km di autonomia con una singola ricarica e prestazioni superiori a tutte le altre tipologie di batterie. Ma allora, perché fino ad oggi non ne abbiamo sentito tanto parlare?
Le batterie ricaricabili al litio-solfo (Li-S da ora in poi) hanno densità energetiche 5 volte e una capacità teorica al catodo (di zolfo) circa 10 volte quelle delle tradizionali batterie agli ioni di litio.
Da un punto di vista elettrochimico, all’anodo avviene la dissoluzione del litio metallico con produzione di elettroni e ioni di litio in fase di scarica. La semi-reazione è:
Così come nel caso delle tradizionali batterie al litio, la reazione di equilibrio elettrodeposizione/dissoluzione (rispettivamente in fase di carica e scarica della batteria) determina la crescita della Solid Electrolyte Interphase (SEI). La formazione della SEI genera siti attivi per la nucleazione di dendriti di litio che sono responsabili della cortocircuitazione della cella.
Al catodo, invece, l’energia è immagazzinata nell’elettrodo di zolfo (S8). Durante la scarica della batteria, gli ioni di litio migrano dall’anodo al catodo e lo zolfo viene ridotto a solfuro di litio (Li2S).
La tecnologia è ancora allo stadio di ricerca accademica e pochissimi sono i dispositivi in stadio di industrializzazione. Il motivo? L’effetto “shuttle“.
L’effetto “shuttle” è la principale causa di degradazione per una batteria Li-S ed è anche responsabile dell’auto-scarica delle Li-S.
Come detto, durante la fase di scarica, lo zolfo al catodo si riduce a Li2S, attraversando diversi intermedi di reazione. I polisolfuri di litio Li2Sx (6<x<8) sono molto solubili negli elettrolita organici usati comunemente. Questo quindi determina una migrazione di questi ultimi, (Li2Sx), verso l’anodo dove sono ulteriormente ridotti consumando litio. La perdita di materiale attivo dall’elettrodo negativo determina una bassa efficienza coulombica e una breve vita utile della batteria. È possibile dare una stima dell’effetto “shuttle” attraverso un fattore, mostrato in seguito, che tiene conto di corrente di ricarica Ic, la costante cinetica di reazione eterogenea ks, la capacità specifica contribuente al plateau anodico qup e la concentrazione totale totale di zolfo [Stot].
I ricercatori dell’Istituto di Scienza e Tecnologia Daegu Gyeongbuk sono riusciti, però, a creare una nuova batteria Li-S con capacità di resistere a 2000 cicli di ricarica. Come ci sono riusciti?
La chiave di volta sembra essere stata l’utilizzo della silice (SiO2). La silice non è un conduttore di corrente ed è un materiale estremamente economico. La caratteristica di interesse però è la sua elevata polarità.
La silice, arrangiata in pOMS (platelet-ordered mesoporous structure) viene utilizzata come host per il catodo a base di zolfo. In questo modo, l’elevata polarità tende ad attirare le molecole polari come gli Li2Sx, evitando quindi la loro ulteriore riduzione dovuta alla migrazione all’anodo.
I NOSTRI RISULTATI SONO SORPRENDENTI, PERCHÉ NESSUNO SI ASPETTAVA CHE LA SILICE, NON CONDUTTIVA, POTESSE ESSERE UN HOST COSÌ EFFICACE PER LO ZOLFO E SUPERARE IN PERFORMANCE LO STATO DELL’ARTE DEGLI HOST A BASE CARBONIOSA
Prof Jong-Sung Yu, Autore dello studio
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