Articolo a cura di Enrico GALVAGNA
L’idrogeno è l’elemento più abbondante dell’universo osservabile. Si è dunque ipotizzato che, se si potesse utilizzarlo come fonte energetica, si otterrebbero risorse pressoché illimitate. Tuttavia sulla Terra non si può trovare in natura idrogeno sotto forma di H2. Perciò non va considerato come una fonte di energia, bensì come un vettore energetico, cioè un composto in grado di veicolare l’energia da una forma ad un’altra.
La gestione dell’immagazzinamento rappresenta uno dei punti fondamentali nello sviluppo di un sistema economico/energetico futuro nel quale l’idrogeno potrebbe essere uno dei protagonisti.
La densità energetica gioca un importante ruolo durante lo stoccaggio. Si tratta, a seconda del contesto, della quantità di energia immagazzinata in un dato sistema per unità di volume o per unità di massa (anche se nel secondo caso si parla più correttamente di energia specifica).
A maggiori valori di densità corrispondono maggiori quantità di energia che può essere stoccata o trasportata a parità di massa.
TIPO DI STOCCAGGIO | DENSITA DI ENERGIA PER MASSA (MJ/Kg) | DENSITA DI ENERGIA PER VOLUME (MJ/L) |
Idrogeno (gassoso a temperatura ambiente) | 143 | 0,01079 |
Idrogeno (gassoso compresso a 700 bar)[5] | 143 | 5,6 |
Idrogeno (liquefatto a -235 °C) | 143 | 10,1 |
A seconda dello stato di aggregazione dell’idrogeno, si individuano diverse strade per ottenere un immagazzinamento efficace.
La forma di stoccaggio di idrogeno più comune utilizza serbatoi compositi pressurizzati. Ognuno costituito da tre strati:
La densità dell’idrogeno è solo 0,025 kg H2/l e lo stoccaggio a pressioni più elevate incrementa questo valore. Però possono sorgere problemi di sicurezza durante il rifornimento a 700 bar, motivo per cui la maggior parte degli automezzi utilizza ancora serbatoi da 350 bar.
Le storage-tank sono perlopiù cilindriche, tuttavia la forma non è la più adattabile allo spazio limitato di un veicolo. Gli autobus ovviano questo problema attraverso cilindri pressurizzati sul tetto.
Quindi, per le applicazioni mobili il gas-storage compresso può risultare ingombrante, mentre nelle più capienti stazioni di servizio lo stoccaggio di gas compresso è una soluzione a basso costo.
Lo stoccaggio criogenico è una tecnologia che necessita di temperature sotto i 20 K (punto di ebollizione) per liquefare l’idrogeno, ma sorgono problemi derivanti dalle radiazioni termiche provenienti dall’ambiente.
I gas devono essere stoccati in serbatoi costituiti da un doppio rivestimento il cui interno è vuoto per impedire il passaggio di calore per conduzione. Inoltre, tra la parete interna ed esterna sono installati dei pannelli protettivi a bassa emissione di calore a base di plastica ed alluminio.
Un dispositivo di sicurezza (sfiato) consente lo scarico del gas in caso di innalzamento della pressione; è possibile, infatti, che si formino vapori a causa dell’apporto di calore ambientale. Uno scarico inadeguato può̀ causare un eccessivo aumento di pressione con possibile danno al recipiente o addirittura conseguente scoppio.
La progettazione mira a ridurre al minimo la superficie di contatto del liquido per diminuire la velocità di ebollizione, perciò i serbatoi sono generalmente sferici o cilindri, con inefficienze simili ai serbatoi pressurizzati.
Le basse temperature e i problemi di ebollizione indicano che la tecnologia non è adatta per gli automezzi.
Questa tecnologia sfrutta la permeabilità̀ all’idrogeno del vetro ad alte temperature. L’intrappolamento dell’idrogeno avviene riscaldando un letto di micro-sfere vuote in atmosfera di idrogeno. Il gas diffonde attraverso il sottile guscio di vetro a temperature che vanno da 100 a 400 °C, finché la pressione all’interno delle sfere eguaglia quella esterna. A quel punto si opera un rapido raffreddamento e l’idrogeno rimane intrappolato.
Per l’estrazione bisogna riscaldare a bassa pressione le sfere, che possono essere stoccate fino a 800 atm, maneggiate e trasportate come una polvere fine in condizioni ambientali. Se svuotate, possono essere riutilizzate.
Questa tecnologia può essere accoppiata alle fuel cell, le simulazioni indicano che la velocità di recupero dell’idrogeno è adatta per impieghi veicolari a temperature intorno ai 200°C. In tal caso l’energia necessaria per riscaldare le micro-sfere sarebbe meno del 5% dell’idrogeno utilizzato come carburante in un sistema a combustione. La ricerca e sviluppo è necessaria per ridurre le temperature di liberazione di H2 a meno di 100 ° C.
Per aumentare la densità̀ energetica accumulata sotto forma di idrogeno, si fa strada, anche per applicazioni mobili, l’assorbimento su composti solidi: idruri metallici e nano strutture in carbonio.
L’idrogeno può̀ legarsi chimicamente a leghe metalliche formando idruri. Il gas penetra nei siti interstiziali del reticolo cristallino del metallo a pressioni tra 30 e 60 bar. Il rilascio avviene ad alte temperature e inizialmente ad alta pressione, che diminuisce man mano che l’idruro si impoverisce di idrogeno.
Nano tubi e nano fibre in carbonio invece permettono di immagazzinare idrogeno sfruttando l’affinità̀ tra gli atomi di carbonio ed idrogeno, anche se il processo di immagazzinamento è simile a quello per gli idruri. Le molecole gassose vengono assorbite nei pori presenti sulla superficie dei grani di carbonio, rimanendo intrappolate nelle cavità del materiale e vengono rilasciate solo all’incremento di temperatura. A parità̀ di volume occupato la quantità̀ di idrogeno assorbito dalle nano strutture è maggiore rispetto a quella per mezzo di una compressione (fino al 70% in peso, che corrisponde a 10 volte il valore massimo del miglior mezzo di accumulo conosciuto).
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