Il Kenya sta puntando sulla rinnovabilità, e in particolare sulla geotermia, per ottenere una totale indipendenza di energia. Con una superficie territoriale che è il doppio di quella italiana, il Kenya ospita quasi 50 milioni di abitanti. Secondo i dati della Banca Mondiale (2017), almeno 10 milioni non hanno accesso diretto all’energia elettrica.
Si riparte dal principio, come sempre. Siamo nella Rift Valley, l’enorme canyon di 6000 km, dove milioni di anni fa sono comparsi i primi esseri umani. La vista sulla Rift Valley è perfetta dalle colline di Nakuru, cittadina a soli 200 km da Nairobi. Raggiungerla è possibile solo attraverso strade difficili da percorrere, che costringono a più di 7 ore di viaggio. Qui si trova un’importante giacimento di energia geotermica, un pozzo sotterraneo di calore al 100% naturale. Esso è contenuto all’interno di grandi masse di vapore, generato dalle alte temperature presenti al di sotto della crosta terrestre. Lo spontaneo processo di generazione di questa energia termica sotterranea evidenzia l’assoluta rinnovabilità della geotermia.
In moltissimi paesi del Kenya, gli abitanti non hanno ancora accesso all’energia elettrica. L’elettricità si trova alla base dello sviluppo, permette infatti standard di vita più elevati, dal punto di vista igienico, della sicurezza, dell’accessibilità. In queste regioni, più del 25% della popolazione vive senza questo servizio. E solo il 50% possiede una fornitura regolare.
Questa indisponibilità dipende dalla morfologia del territorio, che rende complicata l’installazione di cavi elettrici. Inoltre, il Kenya ha necessità di importare combustibili fossili per la produzione di energia elettrica. La geotermia, sfruttando la sua intrinseca rinnovabilità, potrebbe colmare questa mancanza.
La costruzione di una centrale a geotermia da 500 MW, che produrrebbe con totale rinnovabilità l’energia necessaria al Kenya, è già realtà. Sono già stati installati 70 MW nella regione del cratere Menengai, uno dei più recenti vulcani della Rift Valley. La produzione energetica che ne verrà contribuirà nel contempo allo sviluppo di vari tipi di produzione industriale. Infatti il Kenya è un paese produttore, che tra le tante cose si distingue per l’esportazione di rose a gambo lungo verso vari paesi del Nord Europa.
Gli investimenti iniziali correlati a un impianto geotermico sono elevati. Per il Kenya, i numeri sfiorano un totale di 900 milioni di dollari. Il lato economico è in parte coperto da vari incentivi sia africani che europei. In particolare, in Kenya è molto attiva l’associazione governativa GDP (Geothermal Development Company). La sfida è anche ingegneristica. La costruzione può richiedere fino a 3 anni, senza contare la preliminare fase di esplorazione della zona.
Tuttavia, la geotermia è un’energia pulita a zero emissioni, che soddisferebbe il fabbisogno energetico del Kenya. Gli aspetti positivi toccherebbero anche l’industria e l’economia in generale, considerando la possibilità di vendere in surplus di energia prodotto. Inoltre, la assoluta rinnovabilità della fonte rappresenta una potente arma contro il cambiamento climatico.
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