Valore record per il buco dell’ozono al Polo Nord. A differenza degli altri anni in cui questo fenomeno si registra in Antartide (Polo Sud) con maggiore intensità.
Per quanto la definizione di “buco” dell’ozono possa far pensare alla presenza di una vera e propria “vacanza”, il fenomeno è da intendersi come la riduzione della concentrazione di ozono stratosferico. Questo fenomeno tende a manifestarsi in maniera più evidente ai due poli della Terra e principalmente in primavera.
Il fenomeno è stato osservato a partire degli anni ’80 a causa del’azione degli alocarburi. Gli alocarburi sono molecole in cui uno o più atomi di carbonio sono legati ad atomi alogeni (fluoro, cloro, bromo o iodio). Queste molecole catalizzano reazioni ozono-distruttive.
Il tradizionale ciclo dell’ozono ha uno schema piuttosto semplice. La radiazione ultravioletta colpisce un atomo di ozono e libera un atomo di ossigeno formando ossigeno molecolare (reazione 1). L’atomo di ossigeno prodotto può reagire a sua volta con ossigeno molecolare a formare nuovamente ozono (reazione 3).
La presenza degli alocarburi perturba questo equilibrio. Considerando per esempio il triclorofluorometano (freon-11) si sviluppa meccanismo ozono-distruttivo mostrato in figura. L’incidenza della radiazione ultravioletta libera un atomo di cloro (reazione 4) che è libero di attaccare una molecola di ozono e formare monossido di cloro (reazione 5). Il monossido di cloro reagisce infine con l’ozono a formare cloro e ossigeno molecolare (reazione 6).
Questo meccanismo, che tende a trasformare l’ozono in ossigeno molecolare, rende nuovamente disponibile l’atomo di cloro, che è libero di ripetere il ciclo.
Per ridurre l’impatto degli alocarburi sull’ozono stratosferico, il 16 settembre 1987 è stato firmato il Protocollo di Montreal che è entrato in vigore nel successivo 1989. Grazie a questo protocollo e alle misure messe in atto si erano registrati trend di decrescita per il fenomeno.
Il buco dell’ozono sull’Artico, misurato con l’ausilio di palloni sonda, si estende su una superficie grande tre volte la Groenlandia. Mai si era assistito ad una riduzione della concentrazione di ozono pari a circa il 90%, a 18 km di quota. Freddo intenso e vortici polari sembrano essere le cause principali.
La probabilità che, nelle prossime settimane, il fenomeno possa interessare aree più popolate a latitudini più basse è piuttosto bassa. Anche in tal caso, il problema dovrebbe essere di facile gestione, afferma Markus Rex, uno scienziato in forza all’Alfred Wegener Institute in Potsdam (Germania) e coordinatore dello studio.
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