A circa 450 km dalla costa italiana, si sta combattendo una guerra non più solo civile, ma internazionale.
Siamo nella vastissima regione della Libia, nord Africa. Zona tanto povera (guerre e immigrazione incontrollata), quanto ricca.
Tra gli interessi principali, infatti, ci sono tanti, tantissimi pozzi di petrolio. E le riserve potrebbero essere anche maggiori di quanto si estrae al momento.
Nel febbraio del 2011 cominciano le manifestazioni contro il dittatore libico Mu’ammar Gheddafi. Dopo mesi di conflitti tra le truppe del dittatore e i ribelli, entra in gioco la NATO con bombardamenti di luoghi strategici del regime. Gheddafi viene catturato ed ucciso il 20 ottobre 2011.
Seguono anni di conflitti tra milizie di diversa natura religiosa e politica; sempre alla presenza di un governo debole. La situazione è degenerata nel maggio del 2014 con un colpo di stato del generale Khalifa Belqasim Haftar.
Al momento da una parte c’è il governo di accordo nazionale Waqef (o GNA – Government of National Accord) con a capo Fayez Al-Sarraj. Riconosciuto dalle nazioni unite e appoggiato da nazioni come Turchia, Qatar e Pakistan. Dall’altra la Libyan National Army or LNA con leader il generale Haftar; aiutate da milizie dell’Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, ma anche della Russia.
Ma perché tanto interesse internazionale in questa regione pressoché desertica? La risposta, come sempre, è complessa. Ma molti analisti internazionali concordano che uno dei motivi principali è l’interesse nelle riserve di petrolio (tantissime) on-shore e off-shore.
Si contano circa una trentina di pozzi ancora attivi in tutta la nazione. Molti di questi sono sotto il controllo delle truppe di Haftar. In particolare, le regioni più ricche sono la parte meridionale del Fezzan e, soprattutto, tra Cirenaica (ad occidente) e Fezzan (ad oriente). Alcuni pozzi sono in attività anche di fronte Tripoli. Gli ultimi dati parlano di una produzione di greggio giornaliera di 1,17 milioni di barili; ma alcune fonti calcolano la produzione ottimale (massima) pari a 1,6 milioni di barili.
Prima della caduta di Gheddafi erano tante le aziende internazionali presenti nei territori libici. Dalla francese Total, alla BP, passando per la China National Petroleum Corporation e per multinazionali americane come la ExxonMobil.
Tuttavia l’azienda più attiva nella zona è l’italianissima ENI, la quale da sola è arrivata a produrre più del 30% del greggio libico. ENI è in Libia dal lontano 1959 con vari pozzi petroliferi; ed è l’unica azienda – insieme alla BP – rimasta nella nazione nord-africana nonostante la guerra ed i disordini.
In questa mappa – se interessati – ci sono tutte le novità sul conflitto.
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