Articolo a cura di Gian Marco VOLPONI
La radurizzazione è una tecnica di conservazione e stabilizzazione del cibo. Essa è basata sull’esposizione di derrate alimentari a dosi controllate di radiazioni ionizzanti ad alta energia. In questo modo se ne migliora la qualità di conservazione ed il livello igienico.
L’utilizzo di radiazioni ionizzanti: previene la germogliazione, riduce il numero di microrganismi vitali, previene il dischiudersi delle uova di insetti e lo sviluppo delle larve e sopprime gli insetti presenti nel prodotto. Va, però, sottolineato che il trattamento radiante non può in alcun modo migliorare la qualità intrinseca degli alimenti, ma può solamente garantirne maggiore igiene e conservazione.
Attualmente in Europa tale trattamento è disciplinato dalle direttive quadro 1999/2/CE e 1999/3/CE recepite nel nostro Paese dal DL.vo 30 gennaio 2001, n. 94. Le direttive stabiliscono che tutti gli alimenti sottoposti ad irraggiamento, debbano riportare in etichetta la dicitura “irradiato” e che ogni stato membro debba effettuare controlli sugli alimenti presenti sul mercato con lo scopo di certificare la correttezza dell’etichettatura. Il logo dei cibi “irradiati” è quello che vedete qui affianco.
Nel 1981, un comitato congiunto FAO/IAEA/WHO (Food and Agriculture Organization, International Atomic Energy Agency, World Health Organization), ha affermato che la radurizzazione non presenta problemi di natura tossicologica, nutrizionale e microbiologica fino a una dose di radiazione di 10 kGy.
L’irraggiamento degli alimenti può essere effettuato tramite radiazione gamma, ricorrendo a sorgenti di Cesio 137 o Cobalto 60, oppure con fasci di fotoni o di elettroni. Per i fotoni l’energia non può superare i 5 MeV, mentre per gli elettroni i 10 MeV, questo per evitare radiazione indotta.
Le dosi variano da qualche decina di gray (Gy) a poche decine di kilogray. Superando il limite (10kGy) nei casi in cui venga richiesta una completa sterilizzazione dell’alimento. Nella tabella che segue ci sono le dosi utilizzate per trattare alcuni alimenti di ampio consumo.
Per identificare un alimento irraggiato è necessario che la radiazione produca modificazioni specifiche e durature. Una delle maggiori difficoltà sta nel fatto che molte alterazioni prodotte dal trattamento radiante sono simili a quelle prodotte da altre tecniche di conservazione.
In Italia è l’ISS (Istituto Superiore di Sanità) ad avere il compito di segnalare alle autorità sanitarie preposte, i metodi atti ad identificare un alimento irradiato. I metodi utilizzati sono basati principalmente sulle tecniche di luminescenza e di risonanza di spin elettronico.
Ad oggi non esiste un metodo generale applicabile ad ogni tipo di alimento, ma metodiche specifiche per matrici alimentari diverse, vedi tabella in basso.
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