Articolo a cura di Flavio FEDERICI
Nell’ingegneria biochimica, gli enzimi occupano da sempre un ruolo centrale. Dall’industria alimentare fino a quella farmaceutica, la presenza di queste strutture proteiche è una costante.
Ciò che rende interessante il loro utilizzo è la capacità di favorire la formazione di un certo prodotto grazie alla propria attività metabolica. Ottenendo delle velocità di reazione molto più alte rispetto a quelle dei processi che fanno uso di catalizzatori tradizionali. E oltretutto a temperature più basse. Gli enzimi svolgono il ruolo di biocatalizzatori, distinguendosi in base al tipo di reazione che catalizzano. Esempi sono gli enzimi ossidasi o isomerasi, che catalizzano le omonime reazioni.
In generale una struttura proteica (come quella degli enzimi) non è nient’altro che un polimero “naturale”, i cui monomeri costituenti sono gli amminoacidi. In base alla tipologia degli amminoacidi presenti, alla lunghezza delle catene ed alla configurazione spaziale di queste (in grado di formare sovrastrutture di vario tipo), possiamo avere enzimi di natura diversa.
L’elemento comune ad ognuno di essi è la presenza di un centro reattivo, costituito da pochi amminoacidi e spesso da un cofattore metallico, in cui l’attività catalitica si esplica. In base alla tipologia di amminoacidi che costituiscono il sito attivo e dalla sua struttura tridimensionale, solo alcune tipologie di molecole riescono ad accedervi, rendendo l’enzima stesso un catalizzatore molto selettivo, oltre che particolarmente attivo. Fondamentale è sottolineare la sensibilità degli enzimi nei confronti di due paramenti in particolare, pH e temperatura. A monte di ogni processo, è necessario uno studio per determinare quella coppia di valori che massimizzano l’attività, provvedendo, inoltre, ad un controllo molto rigido di questi in fase di produzione.
I processi nell’industria alimentare che fanno uso di enzimi sono molteplici. Nel processo di produzione della birra, dopo una prima fase di macinatura del cereale utilizzato, ve ne è una successiva in cui l’enzima α-amilasi interviene per trasformare gli amidi estratti dal malto in carboidrati fermentabili. Anche nel processo di produzione del cioccolato si fa uso di enzimi, in particolare del polifenol-ossidasi. Spesso, la materia prima che si utilizza è il seme di cacao, il quale viene essiccato e fermentato. La presenza di questo enzima favorisce la formazione di composti che conferiscono al cioccolato il tipico gusto e la colorazione scura, aumentando la qualità del prodotto finale.
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