L’Italia, con 5 milioni di tonnellate di pomodoro trasformato, è il secondo trasformatore mondiale dopo gli Usa. La Campania costituisce il maggiore bacino di produzione di pomodoro trasformato. Nella prima parte si è parlato dell’importanza del licopene, antiossidante naturale presente nella buccia dei pomodori.
Ma come si recupera questo potente antiossidante? Veramente si può guadagnare questa cifra dalle bucce di pomodoro? Le risposte a queste due domande sono connesse, infatti, i processi di estrazione sono spesso lunghi e costosi, soprattutto nella fase di purificazione dell’estratto, e per questo motivo i costi di impianto (fissi e variabili) sono molto elevati. I due principali metodi di estrazione sono: l’estrazione solido-liquido in solvente e l’estrazione in fluido supercritico.
Il processo di estrazione solido-liquido è un processo molto comune nell’industria farmaceutica, cosmetica e alimentare per ottenere ingredienti naturali come ad es. aromi e profumi da materie prime naturali e può essere effettuata con solventi freddi o caldi. La materia prima solida viene impaccata in un reattore discontinuo e messa in contatto son un solvente che ne estrae i composti solubili. Il solvente può essere alimentato all’estrattore in diversi modi: estrazione continua per gocciolamento, estrazione continua per trabocco e estrazione Soxhlet (con il reattore che viene riempito e svuotato del solvente in maniera periodica, come in figura).
Il solvente è scelto in modo tale che abbia una alta solubilità dell’ingrediente naturale voluto e una bassa densità in modo da limitare fenomeni di trascinamento della fase solida. Il solvente viene poi rimosso dall’estratto, attraverso dei lunghi processi di essicazione a basse pressioni e basse temperature per non degradare la sostanza estratta, e quindi riciclato al reattore di estrazione. Nel caso del licopene i solventi più usati sono: esano, diclorometano e acetato di etile o miscele che non possono avere concentrazioni maggiori di 50 mg/kg nel prodotto finale.
Invece, L’estrazione con fluido supercritico non utilizza un solvente organico bensì un fluido supercritico, che rende più rapido ed efficiente il processo di estrazione. Secondo la definizione IUPAC, un fluido supercritico è qualsiasi elemento, sostanza o miscela riscaldato sopra la temperatura critica (Tc) e pressurizzato sopra la pressione critica (Pc); nella pratica per la maggior parte delle applicazioni si utilizza CO2 supercritica. L’estrazione è condotta in celle d’acciaio che vengono caricate con il campione macinato. Una pompa invia la CO2 alla cella termostatata dove avviene l’estrazione in condizioni di temperatura e pressione supercritiche. All’uscita della cella la pressione si abbassa e la CO2 evapora completamente, rilasciando i soluti estratti senza residui. Il principale svantaggio di questa tecnica sono gli elevati costi, sia delle apparecchiature che devono sostenere condizioni estreme e sia di processo per il mantenimento di queste condizioni.
Estraendo il licopene, inoltre, si estrarranno anche composti con struttura simile (altri carotenoidi) che dovranno essere separati con processi molto dispendiosi economicamente come la separazione cromatografica in colonna o la microfiltrazione, per ottenere Licopene con purezza intorno al 95-98 %. Per questi motivi chiunque voglia, gettarsi a capofitto nell’estrazione e vendita di licopene e fortemente consigliata una stima costi-benifici approfondita, per evitare di fare bancarotta e ritrovarsi a mangiare pane e pomodoro sotto un ponte.
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