L’Italia, con 5 milioni di tonnellate di pomodoro trasformato, è il secondo trasformatore mondiale dopo gli Usa. La Campania costituisce il maggiore bacino di produzione di pomodoro trasformato.
Per numero di aziende di trasformazione (concentrate prevalentemente nelle province di Napoli e Salerno). E per fatturato (circa 1,5 miliardi di euro su un fatturato nazionale di 3,1 miliardi). La Campania è da sempre leader nei derivati del pomodoro, primo fra tutti il pomodoro pelato.
Basti pensare che ad oggi La Doria, il primo produttore italiano di polpa, pelati, e sughi pronti, con un fatturato di 418.292.000 € ha impianti distribuiti in diverse regioni d’Italia ma la Campania resta centrale per le sue attività produttive, mantenendo ad Angri il quartier generale e il loro principale stabilimento.
Durante la lavorazione industriale dei pomodori, vengono generate grandi quantità di rifiuti costituiti da bucce, semi e parti fibrose che rappresentano il 2-7 % delle materie prime (100.000 tonnellate solo in Campania), e che se conferiti in discarica, costano al produttore circa 200 €/ton. È anche vero però, che i sottoprodotti ottenuti dalla trasformazione industriale del pomodoro sono classificati “Materie prime secondarie” dalla Direttiva del Consiglio 96/25/EC, quindi ne è autorizzato il loro impiego per l’alimentazione animale e alcune aziende di trasformazione possono vendere o cedere gratuitamente questi sottoprodotti alle aziende di allevamento, generalmente suino e di pollame. Gettiamo perle ai porci, mi verrebbe da pensare.
Infatti, numerose ricerche hanno dimostrato che le bucce di pomodoro, che costituiscono il 30% dei sottoprodotti di trasformazione, hanno un elevato valore nutrizionale, grazie al loro contenuto di vitamine, proteine, composti fenolici e carotenoidi. Tra i carotenoidi, il licopene è quello più abbondante nel pomodoro, rappresentando l’80-90% di quelli totali con una concentrazione di circa 750 mg/kg su base secca. Altri carotenoidi presenti sono α-, β-, γ-, δ-carotene, fitoene, phytofluene e luteina.
Il licopene ha attirato, però, la maggiore attenzione negli ultimi anni per i suoi potenziali benefici per la salute; essendo il più efficiente scavenger di radicali liberi e quindi uno dei più potenti antiossidanti naturali. È stato, inoltre, testato sull’uomo per le malattie cardiovascolari e numerosi tipi di cancro, ma anche se numerose ricerche scientifiche hanno affermato un diretto miglioramento di queste patologie a valle dell’assunzione controllata di licopene, le principali autorità del settore (EFSA, FDA, etc..) hanno dichiarato in numerosi panel e studi di necessitare di maggiori informazioni e dati più certi per poter aggiungere il licopene alla lista dei composti curativi.
Nonostante ciò, il licopene è utilizzato, puro o all’interno di estratti di pomodoro come colorante rosso E160d o come additivo per formulazioni nutraceutiche e integrative: esempi ne sono il Licopene da pomodoro (purezza del 98%) venduto a 131 €/mg da Sigma Aldrich ©, l’oleoresina Redidivo® che contiene il 10% di licopene e costa 757 € per una confezione da 5 mg, e i numerosi integratori in capsule ad alto contenuto del carotenoide rosso come il Lycopene Naturale dell’italiana Lycopharma (40 € per 60 capsule che contengono 7 mg di licopene).
Incrociando i dati sulla produzione e le ricerche sui sottoprodotti, possiamo stimare 44400 tonnellate di bucce di pomodoro solo in Campania, che dopo la rimozione dell’acqua, raggiungono un peso di circa 9000 tonnellate secche, che portano con sé 6.5 tonnellate di licopene, ovvero un valore aggiunto di 573 Milioni di €, che ogni anno vengono gettati in pasto agli animali o conferiti in discarica.
Nella seconda parte si parlerà di come estrarre il licopene dai residui di pomodoro.
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