Nel gennaio 2013, in provincia di Vercelli è entrato in funzione lo stabilimento (bioraffineria) di Crescentino. Questo è stato pubblicizzato – a ragione – come il primo al mondo progettato e realizzato per produrre bioetanolo da residui agricoli o da piante non ad uso alimentare.
Questo primato era una vera e propria rivoluzione, inseguita per anni da molte aziende nazionali e internazionali operanti nel mondo dell’energia. Ciò è stato possibile grazie alla bioraffineria con tecnologia Proesa®, messa a punto nei laboratori della Beta Renewables, una joint venture tra Biochemtex, società di ingegneria del gruppo Mossi-Ghisolfi, il fondo americano TPG (Texas Pacific Group) e la danese Novozymes, leader nella bio-innovazione. Il metodo Proesa® permette di ottenere bioetanolo, il principale additivo bio-sostenibile per benzine, da biomasse di ‘seconda generazione’, come la comune canna dei fossi (Arundo Donax) o la paglia, che non prevedono conflitti tra l’uso alimentare e quello energetico.
Questo metodo è composto da quattro passaggi principali. Nel primo la biomassa subisce un trattamento di ‘smart cooking’ con vapore acqueo. Nel secondo la viscosità della biomassa trattata è ridotta utilizzando una idrolisi enzimatica. Seguita poi da una fermentazione alcolica a carico di specifici microorganismi. Infine il risultato della fermentazione viene distillato permettendo la separazione dell’etanolo dalla lignina. La tecnologia Proesa®, oltre all’elevata flessibilità data dall’utilizzo di nuovi enzimi e microrganismi, permette altri vantaggi. Come il lavoro in continuo dell’impianto, nessuna aggiunta di reagenti e additivi chimici, e l’estrazione ottimale degli zuccheri fermentabili con concentrazioni enzimatiche molto basse.
Questa bioraffineria innovativa forniva la soluzione che la società, le normative e i mercati cercavano e cercano tuttora. Ovvero conservare le qualità intrinseche dei prodotti derivati dal petrolio, ma a costi e impatti ambientali inferiori. Per questo motivo la realizzazione di questo impianto fu sostenuta dalla Commissione Europea nell’ambito del Settimo Programma Quadro per la ricerca e lo sviluppo. L’intenzione era quella di esportare le esperienze maturate a Crescentino per la realizzazione di impianti simili negli Stati Uniti, in America Latina, Europa e Asia.
La diffusione di questa tecnologia ha subito però una grossa battuta di arresto a causa dei gravi problemi economici in cui si è ritrovato il Gruppo Mossi-Ghisolfi che ha fatto richiesta, nell’ottobre del 2017, della procedura di concordato preventivo al Tribunale di Alessandria per evitare il fallimento. A trascinare l’azienda verso il concordato è stato un mastodontico progetto per realizzare il più grande stabilimento al mondo di produzione di PET (Polietilene tereftalato, una resina termoplastica della famiglia dei poliesteri) a Corpus Christi, in Texas, i cui costi sono però lievitati in modo sproporzionato, in parte anche a causa dell’uragano Harvey. Quindi nel 2018 la bioraffineria di Crescentino si è fermata, e gli operai mandati in cassa integrazione.
Fortunatamente, per gli addetti del gruppo alessandrino e per lo sviluppo di questa tecnologia innovativa e sostenibile, al termine del procedimento competitivo disposto dal tribunale di Alessandria, Versalis si è aggiudicata le quattro aziende del gruppo Mossi & Ghisolfi che operano nella chimica verde: Biochemtex, Beta Renewables, Ipb (Italian Bio Products) e Ipb energia. Nel pacchetto inoltre sono comprese altre tecnologie. Proesa® e Greg® per la produzione di polioli attraverso l’idrogenazione degli zuccheri presenti nelle biomasse. Moghi® per la sintesi di aromatici a partire dalla lignina. I vertici di Versalis, hanno fatto sapere che il know-how acquisito in questa operazione rafforza il posizionamento competitivo dell’azienda nella chimica da rinnovabili. Creando sinergie con i progetti di ricerca già in corso. E mettendo le basi per una piattaforma tecnologica integrata di chimica da biomasse in linea con la vision dell’azienda e di tutto il gruppo ENI.
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