Articolo a cura di Silvia FIORE e Andrea FOGLI – PoliEnergy
Circa un mese fa esordisce PoliENERGY, una associazione studentesca no profit, nata recentemente all’interno del Politecnico di Torino. Essa unisce studenti appassionati all’energia e a tutte le sue possibili applicazioni, allacciandosi ad un network nazionale ed internazionale di associazione di professionisti legati al mondo dell’energia.
Per la prima conferenza è stata organizzata in grande: come ospite d’eccezione era presente il professor Massimo Zucchetti, il quale vanta un rinomato background, tra cui spicca la candidatura al Premio Nobel (2015) per il progetto di reattore a fusione De-He3, sviluppato presso il MIT di Boston.
Introducendosi con la tipica autoironia che lo contraddistingue, il professore ha illustrato i propri lavori e le ultime innovazioni in campo nucleare, fresco della Winter Meeting and Nuclear Technology Expo dell’American Nuclear Society, tenutasi ad Orlando (USA) lo scorso novembre, proprio su temi di innovazione tecnologica nell’ambito nucleare.
L’energia, ha evidenziato, è una tematica tanto attuale quanto incombente: l’aspetto che sempre più guadagna importanza è come poter combinare la sempre più crescente richiesta di energia, soprattutto da parte dei paesi in via di sviluppo, con la proporzionale decrescita della disponibilità delle consolidate fonti fossili, unitamente al problema dell’impatto ambientale e del conseguente utilizzo di fonti rinnovabili.
La soluzione sembra pertanto essere il risparmio energetico e l’efficientamento dei sistemi esistenti, diventati priorità nel mondo moderno. Pertanto la vera sfida che ci si presenta è l’individuazione di una strada verosimilmente percorribile e che a lungo termine possa sopperire all’uso delle ormai vetuste fonti fossili.
Nonostante pochi, benché incisivi, incidenti dovuti al guasto di reattori nucleari a fissione, quali Three Miles Island (1979), Chernobyl (1986) e la recente Fukushima (2011), il nucleare risulta essere una risorsa ancora competitiva rispetto alle altre forme energetiche, in quanto comunque in grado di soddisfare la crescente domanda di energia elettrica carbon-free. Sono sempre maggiori, infatti, le ricerche in merito alla costruzione di reattori a fusione, di cui verosimilmente vedremo realizzato il primo dimostrativo nel 2065. Di fatto essi presenterebbero senza alcun dubbio vantaggi enormi rispetto a quelli attivi oggigiorno a fissione, ribadisce Zucchetti. Tra di essi si può sicuramente menzionare un relativamente basso impatto ambientale, una produzione di scorie radioattive ridotta al minimo e, non ultimo per importanza, l’assenza di possibilità di fusione del nocciolo, in quanto di fatto non presente, e la mancata produzione di prodotti di fissione radioattivi a lungo tempo di decadimento.
Il professore ha però anche ricordato come il Trizio (isotopo radioattivo dell’idrogeno, necessario per la reazione di fusione), a differenza del Deuterio che è molto comune nell’acqua di mare, sia ricavabile al giorno d’oggi proprio dagli impianti a fissione, per cui una problematica rilevante per questo tipo di impianti sia quella di trovare una fonte alternativa di questo combustibile. Altra incognita è senza dubbio lo sviluppo sempre più incalzante delle rinnovabili, in quanto sia pressoché imprevedibile sapere se queste potranno soddisfare la copertura del fabbisogno mondiale del 2065.
In campo odierno sembrano però sempre più inarrestabili i progressi verso la fusione. Zucchetti ha messo proprio per tale ragione l’accento su ITER, un progetto sperimentale di reattore Deuterio-Trizio, il cui confinamento del plasma è ottenuto attraverso un macchinario denominato Tokamak, sottolineando anche quanto sia fondamentale la ricerca alla base della realizzazione di questo progetto, soprattutto per quanto riguarda l’individuazione di materiali innovativi adatti alle condizioni di temperatura e con comportamento adeguato a seguito dell’irraggiamento. ITER è sicuramente uno dei progetti più rilevanti in merito ad una “fast track” della fusione. Un’altra ricerca importante in quest’ambito riguarda ARC, che rappresenta anch’esso un perfetto esempio di reattore sperimentale dotato addirittura al proprio interno di una stampante 3D e in grado di produrre energia in maniera variabile.
La conferenza si è conclusa con una menzione alle reazioni alternative per la fusione con i relativi vantaggi e possibili svantaggi; prime fra tutte la reazione pulita per eccellenza tra He3-He3, così come quella tra De-He3, quest’ultima particolarmente conveniente per il basso numero di neutroni generati dall’He3 durante il processo di fusione. L’unico piccolo dettaglio non trascurabile è la reperibilità dell’He3: presente si in abbondanti quantità, ma solo sul suolo lunare!
Di conseguenza, come lo stesso Professor Zucchetti ha sottolineato, lo spirito da adottare in futuro è di osare a pensare avanti, di essere realisti, pretendendo l’impossibile.
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