Dopo circa due anni di lavori e sforzi, nel Luglio del 2016 nasce su un terreno di 73.000 m2 a Piozzo (Cuneo) il birrificio Baladin Società Agricola. L’impianto in questione potrà raggiungere la produzione di circa 50.000 ettolitri (doppia rispetto ad oggi). All’interno dei capannoni, della cascina e della palazzina ci sono laboratori di ultima generazione, impianti ad alta efficienza, e poi uffici, negozi, zone picnic. Un mondo a sé insomma.
Prima di capire cosa ha di particolare dal punto di vista energetico e ambientale quest’azienda, serve capire come avviene la produzione della birra.
I consumi di energia elettrica dello stabilimento si possono dividere in:
I consumi elettrici totali annuali ammontano a circa 1,5 GWh [anno 2017]. Non male per un’azienda che produce un prodotto di nicchia come birra artigianale. Quest’energia è prodotta – perlomeno virtualmente – da un impianto fotovoltaico (adiacente il birrificio) e da un impianto eolico di Corleto Perticara da circa 9 MW. Quindi la totalità di energia elettrica consumata è certificata come green.
Per quanto riguarda la parte termica, in azienda il calore è prodotto da una calda di ultima generazione a metano allacciata alla rete nazionale. Tuttavia, il fabbisogno termico è notevolmente ridotto dall’utilizzo efficiente dei cascami termici derivanti dai vari processi. A titolo esemplificativo ma non esaustivo in U.T.A. arrivano tubazioni di acqua calda dal processo di cottura che riscaldano – soprattutto in inverno – l’aria già preriscaldata dal ritorno in U.T.A. del ricircolo derivante dal magazzino, mantenuto costantemente a 24°C (!!!). Paradiso in terra per un ingegnere dell’efficienza energetica.
D’altra parte, però, restando fedeli alla indipendenza che Teo Musso vuole creare nella sua produzione (ne parleremo più avanti soprattutto), è già in progettazione un impianto a biogas. Quest’ultimo, utilizzando gli scarti che necessariamente sono prodotti in birreria, ridurrà ulteriormente i consumi di gas naturale odierni, già bassi.
In particolare l’impianto a biogas avrà come input trebbie di birra, lieviti, fanghi e acqua di diluizione oltre che scarti agricoli della zona del cuneese. Al contrario, in output, produrrà 50 kW di acqua ad 80°C da riutilizzare nei processi industriali del birrificio e circa 100 kW elettrici lordi. Un ulteriore prodotto sarà il compost derivante dal digestato, il quale può tranquillamente essere utilizzato come fertilizzante per le colture in possesso dell’azienda agricola Baladin.
Ho accennato in precedenza la questione (in)dipendenza, tanto cara al fondatore del Baladin. L’orzo utilizzato per la produzione di birra è coltivato su 400 ettari di terreno che la società possiede tra Basilicata, Marche e Piemonte. Parte del luppolo è coltivato a Piozzo, in un terreno adiacente il polo produttivo. Il goal è arrivare alla completa dipendenza (spezie escluse) della filiera a partire dal 2022.
L’approvvigionamento è coerente anche con la filosofia dello scarto che l’azienda possiede e persegue. Tutti i materiali vetrosi, metallici, plastici, cellulosi sono riciclati al 100%. Le acque reflue sono depurate ed inviate al corpo idrico superficiale de La Piozza. La parte fangosa, ad oggi smaltita secondo legge da terzi, in futuro sarà l’input dell’impianto a biogas di cui abbiamo già parlato.
Insomma, Baladin è un esempio industriale/agricolo italiano che grida sostenibilità. Baladin è anche consorzi, associazionismo, start-up industriale e agricola innovativa e non solo questo. Baladin è un esempio da seguire.
Per questo articolo più tecnico ringrazio tantissimo Emanuele MODENA per la collaborazione e per avermi concesso lettura e studio della sua tesi intitolata Analisi ambientale di un’azienda produttrice di birra: il caso Baladin.
Nel caso siate interessati a processi particolari o a dati non riportati nel presente articolo, non esitate a contattarci. Saremo ben felici di rispondere.
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