La buona notizia è che, in Africa, si stanno finalmente concretizzando gli sforzi per una regolamentazione del piano energetico, specialmente in Etiopia.
La brutta notizia è che, in alcune regioni, come il Sudafrica, il tutto rimane condito da una velata incertezza delle istituzioni.
Dato ormai noto a tutti è che, il continente africano, ha tutti i presupposti per essere la più grande potenza energetica del pianeta, in particolare, come è facile immaginare, in ambito rinnovabile. Sudafrica, Nigeria e Namibia primeggiano per il solare, l’Etiopia spicca invece grazie alle sue centrali idroelettriche.
NORD
Ottobre 2017 ha rappresentato per il continente un grande punto di svolta. L’Etiopia in particolare, con il suo GTP ( Growth and Transformation Plan), ha posto solide basi per l’insediamento di investitori privati, in quello che sarà il piano regolatore energetico dello Stato. Enel Green Power è stata tra le prime a cogliere l’occasione e ad essere giudicata come miglior offerente, promettendo l’installazione di un impianto fotovoltaico, con una capacità di generazione di 100 MW. Questo atteggiamento propositivo dello stato etiope, ha generato un effetto domino su altri stati africani (Senegal, Marocco), sollecitati in primis dalle analisi di mercato. Si prevedono, infatti, investimenti pari a circa 100 miliardi di dollari all’anno, su tutto il continente. L’obiettivo è di raggiungere una completa autonomia energetica entro il 2030.
SUD
A questo punto ci spostiamo dall’Etiopia al Sud del continente, dove la situazione sudafricana resta ancora incerta. Qui il Governo ha promesso grossi investimenti, sia dall’interno del paese, sia da privati esterni. L’obiettivo rimane sempre quello di raddoppiare la capacità di generazione degli impianti fotovoltaici. Ad oggi, i pannelli solari a sud del Sahara, segnano 30GW ma, ormai da troppo tempo, le promesse del Governo non si concretizzano.
Il motivo è, principalmente, di carattere sociale ed economico. In Sudafrica, si concentrano le più grandi industrie del carbone, amministrate da ESKOM, gestore e produttore dell’energia pubblica, di proprietà dello stesso governo sudafricano. Le industrie, inoltre, garantiscono migliaia di posti di lavoro, dando così origine ad un clima di incertezza e diffidenza generale, tra gli stessi cittadini. La denuncia più dura, arriva dalla South Africa Wind Energy Association (SAWEA), la quale accusa il Governo, del ritardo di investimenti pari a 4,8 miliardi di dollari e della mancata fiducia degli investitori privati.
La buona notizia è che, nonostante le difficoltà di carattere economico e politico, gran parte degli Stati del continente africano, sia riuscito a trovare soluzioni apparentemente efficaci per riprendere in mano un tesoro, neanche troppo nascosto.
La brutta notizia è che gran parte delle istituzioni è ancora fortemente legata a delle logiche di interessi, a discapito di una enorme fetta di popolazione, ancora priva del libero accesso alla rete elettrica.
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