IGLUS mi sta dando l’opportunità di conoscere, vivere e capire contesti del tutto diversi da quello Europeo a cui tutti siamo un po’ abituati. Dopo il primo modulo – Malesia, il gruppo di studenti è partito a Giugno con direzione Corea del Sud, precisamente SEOUL. Al momento il concetto di Smart City (uno dei nostri ultimi articoli lo trovate QUI) è blasonato, quasi di moda, ma in pochissimi hanno ben chiaro di cosa si tratti.
Finalmente la capitale coreana mi ha permesso di trasformare il concetto di Smart City in quasi realtà. Non si tratta, come cercherò si spiegare, di sola tecnologia e ICT; bensì di cittadini civili e di governi capaci.
Leggendo qualsiasi rivista scientifica, Seoul è sempre al primo posto per sistema di trasporti (vedi Forbes per esempio). Non è stato, però, sempre così. Fino alla fine degli anni ’90, la Corea non se la passava benissimo. I trasporti, come sempre, rispecchiano l’efficienza e la vivibilità di una città.
Tuttavia, nel 2004 il sindaco decise di voler cambiare tutto. Lavorando con i tecnici della città elaborò quella che, al momento, rimane una delle più difficili ma riuscite riforme dei trasporti in Asia e, probabilmente, nel mondo. Non volendovi tediarvi con dettagli inutili, lascio da leggere questo documento agli interessati.
Oggi, metro, autobus, biciclette e taxi sono perfettamente integrati. La metro copre tutto il difficile – collinoso – territorio metropolitano. Gli autobus servono tutte le stazioni metro collegandole con le rispettive aree di interesse. I taxi sono sempre presenti, anche se in pochi parlano inglese. La vera novità risiede, però, nel fatto che chiunque può cambiare mezzo utilizzando la stessa carta prepagata e non solo in Seoul, ma anche nelle province vicine. Spostare ogni giorno più di 10 milioni di persone che vivono in Seoul e più di 15 milioni di utenti che ogni giorno entrano ed escono dalla città non è stato facile. Ad oggi però è possibile, ad esempio, controllare secondo per secondo a che velocità va il nostro autobus e quando arriverà a destinazione o alla fermata (QUI).
Un piccolo assaggio dell’utilità dei Big Data ve l’ho dato nell’ultimo paragrafo. Ma non poteva finire qui. Seoul ha una rete di quasi mezzo milione di CCTV (telecamere di sicurezza). Più forse altrettante di cui non si è a conoscenza. Esse sono montate nelle fermate dei mezzi pubblici, sui mezzi pubblici, per le strade principali, mercati, centri commerciali, strade secondarie, etc… Anche attraverso queste ultime è possibile, infatti, raccogliere i dati messi a disposizione della comunità in QUESTO sito. Smart City significa far partecipare i cittadini non solo ai problemi della città, ma soprattutto alle soluzioni.
Il nuovo sindaco di Seoul è andato proprio in questa direzione. Sul sito dell’amministrazione comunale è possibile prendere visione di tutti i dati in suo possesso. Alcuni di essi risultano sensibili, ma qualsiasi cittadino, se con le giuste motivazioni, può fare ricorso e chiedere l’accesso. Esso verrà accettato o respinto in base alla decisione di una commissione istituita appositamente. Rendendo tutti i dati disponibili liberi alla consultazione, inoltre, si rende più libera la creatività dei singoli cittadini o delle aziende private che, con essi, possono elaborare nuovi business o nuovi mercati.
A partire dagli anni 2000, le varie amministrazioni che si sono succedute nella capitale hanno cercato di dare una spinta verso infrastrutture più smart per i cittadini. Infrastrutture Smart significa tutto e non significa niente. Quindi permettetemi degli esempi più dettagliati. (1) Seoullo 7017 era un’arteria primaria, una strada principale rialzata che permetteva di passare sopra la stazione e arrivare ai mercati vicini dalla superstrada. Adesso, invece, è diventato come lo vedete nella foto accanto. Una specie di parco rialzato con alberi provenienti da tutto il mondo e la possibilità per i cittadini di passeggiare e rilassarsi. (2) Anni fa hanno ricostruito la City Hall, distrutto – prima – a causa della Guerra di Corea (anni ’50) e poi comunque da reinventare causa aumento popolazione in città.
In fase di progettazione hanno pensato bene di integrare nell’architettura contemporanea, anche funzionalità. E quindi hanno installato pannelli fotovoltaici e solari sul tetto. I primi per la produzione di elettricità e i secondi ad integrazione dell’acqua calda già prodotta tramite impianto geotermico a bassa entalpia. (3) Un’altro, ed ultimo, esempio è il famosissimo ruscello Cheonggyecheon che è valso l’elezione a presidente della Corea del Sud dell’ex sindaco di Seoul. Se prima al suo posto c’era un’autostrada a sei corsie trafficatissima, oggi c’è il parco che vedete qui a destra.
In definitiva la parola d’ordine è rigenerazione urbana!
Per concludere mi piacerebbe sintetizzare quella che è stata la mia comprensione di Smart City dopo le due esperienze in Malesia e in Corea del Sud. Essa non è totale, né generale. Andremo presto in Africa e in Sud America e negli Stati Uniti per completare il nostro percorso. Ma, al momento, in una frase direi che una città è realmente Smart se tecnologia, innovazioni, politica, amministrazione, ambiente sono al servizio degli utenti finali, cioè i cittadini residenti e gli eventuali turisti. Osservare come in Corea utilizzano tutti i dati raccolti in anni e anni di esperienza è stato illuminante. C’è da dire, però, che, di base, in Asia orientale, hanno qualcosa che a noi Europei e Americani manca, il rispetto incondizionato delle regole e la fiducia assoluta nelle istituzioni. Quando l’amministrazione comunale, nella persona del sindaco, ha deciso di spendere miliardi per infrastrutture mastodontiche ci sono state lamentele ma mai degenerate in proteste, perché? Perché la popolazione si è fidata del loro sindaco. E con il senno di poi hanno fatto bene. Potremmo mai dire anche noi la stessa cosa?
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