Articolo a cura di Stefano Terlizzi
Immaginate di trovarvi di fronte ad un fusto contenente rifiuti radioattivi. Spinti dal
ardente curiosità’ scientifica, come ogni buon lettore di Close-up Engineering,
decidete di aprirlo (a scapito della vostra salute, naturalmente). Cosa potreste vedere
prima di esalare il vostro ultimo respiro (tanto per colorire la scena con un po’ di
pathos)?
Posso già anticiparvi che non vedrete nessun liquido verde, ma piuttosto un
agglomerato dall’aspetto roccioso o vitreo. In generale, il contenuto dei famosi fusti
gialli, dipende dalla fase di trattamento e condizionamento. L’espressione
trattamento e condizionamento dei rifiuti radioattivi indentifica la serie di processi
fisici e chimici a cui i rifiuti radioattivi sono soggetti prima dello smaltimento. Il fine
di questi processi è duplice:
Il trattamento adottato dipende dal livello di radioattività dei rifiuti.
Il trattamento dei rifiuti a bassa radioattività non presenta particolari difficoltà data
la bassa pericolosità. Il fine principale delle operazioni di trattamento è, quindi,
minimizzarne il volume, visto che costituiscono il 90% in volume delle scorie
prodotte. In generale, i rifiuti vengono dapprima messi in fornace a temperature che
possono raggiungere i 1000 ºC. I fumi prodotti nelle operazioni d’incenerimento
vengono filtrati prima dell’emissione in atmosfera conformemente agli standard
nazionali ed internazionali. All’incenerimento, se economicamente conveniente e se i
rifiuti sono in forma solida, segue la fase di compattazione attraverso presse
convenzionali. Alcune nazioni come USA, UK e Germania utilizzano la
compattazione anche per i rifiuti solidi a radioattività intermedi. In totale, una
riduzione del volume di un fattore 100 può essere raggiunto in relazione alla densità
dei rifiuti. Dopo le operazioni di riduzione vengono semplicemente immagazzinati in
condizioni controllate fino a quando i valori di radioattività non ne permettono lo
smaltimento [fonte Enea]. Poi vengono gestiti come rifiuti convenzionali o speciali.
I rifiuti a radioattività intermedia subiscono un processo di condizionamento in
senso stretto: vengono cioè intrappolati all’interno di una matrice di materiale stabile
che ne impedisce la dispersione in ambiente. I materiali che compongono la matrice
sono o particolari cementi o vetri borosilicati (guarda il paragrafo successivo sulla
vetrificazione). La cementificazione costituisce un metodo per immobilizzare le
scorie ad intermedia o bassa radioattività che si trovano in forma di precipitati, gel,
liquami, o frammenti solidi. In generale, le scorie vengono omogeneizzate con una
pasta cementizia (un particolare tipo di boiacca). In seguito, vengono stoccati in
depositi temporanei, fin quando non raggiungono livelli di attività paragonabili a
quelli del fondo naturale.
L’immobilizzazione dei rifiuti ad alta radioattività richiede la formazione di una fase
solida che rimanga stabile per centinaia di migliaia di anni. Bisogna distinguere
diversi sotto-casi.
Nel caso del combustibile esausto, non c’è bisogno di intrappolare i radioisotopi in
una matrice di materiale stabile. Infatti, le pastiglie di combustibile sono già sotto
forma di ceramico altamente insolubile. Per minimizzare il pericolo di rilascio di
sostanze radioattive in ambiente, gli elementi di combustibile sono posti in contenitori
metallici alti circa 5 m. Svezia e Finlandia utilizzano contenitori di rame, ognuno
contenente 12 elementi di combustibile.
In caso non si tratti di combustibile esausto, le scorie sono generalmente inglobate in
una matrice di vetro borosilicato. Durante il processo di vetrificazione, che può essere
utilizzato anche per i rifiuti delle due categorie inferiori, le scorie sono prima ridotte in
forma granulare. Le polveri radioattive sono quindi incorporate nella matrice vitrea,
versata in un barile metallico alto circa 1.3 metri. Il contenitore è infine saldato e
pronto per le operazioni di stoccaggio e smaltimento. Questo processo viene adottato
da Francia, Giappone, Russia, UK e USA e dall’Italia [Fonte World Nuclear Association]. Un materiale che potrebbe sostituire il vetro per la sua eccellente stabilità (si parla di milioni di anni) è il Synroc: un minerale sintetico capace di accogliere i radioisotopi radioattivi nelle vacanze della sua struttura cristallina. Il governo australiano sta investendo su questa
alternativa.
Benché diversi tipi di materiali abbiano caratteristiche adatte ad immobilizzare i
materiali che costituiscono i rifiuti radioattivi, la ricerca della forma perfetta per
intrappolarli definitivamente è un campo d’indagine ancora aperto così come la
strategia ottima per smaltirli. Quest’ultima verrà trattata nell’ultimo articolo di questo
breve vademecum.
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