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Aarhus: energia dall’acqua sporca

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Acqua pulita ed energia elettrica sono due dei principali elementi che permettono lo sviluppo di una moderna società civile. Ma è possibile ottenere entrambe le cose attraverso un unico processo? Strano a dirsi, ma è così! Ancora una volta la notizia arriva dalla Danimarca, in particolare dalla città di Aarhus, dove, per la prima volta, si gestisce il servizio idrico cittadino con l’energia del biogas ricavato dal trattamento delle acque di scarico.

Il centro dell’operazione è l’impianto di trattamento delle acque reflue che serve la città, il Marselisborg Wastewater Treatment Plant.

Come funziona?

Il principio alla base del funzionamento di questo impianto sono già noti, ma è la prima volta che essi sono stati applicati su così larga scala. I digestori dell’impianto, nei quali vengono convogliate le acque reflue provenienti dagli scarichi domestici, sono la sede della “magia”. L’acqua di scarto viene trattata ad una temperatura fissata di 38°C, in modo da favorire l’azione di particolari microbi. Dall’attività di questi batteri si genera un’elevata quantità di biogas, in gran parte metano. Questi biogas vengono, quindi, bruciati per produrre elettricità. E non poca, anzi… esattamente il 150% dell’energia necessaria a far funzionare lo stabilimento. Ciò permette l’immissione del surplus di elettricità nella rete di distribuzione cittadina.

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Come ha voluto sottolineare Lars Schroeder, manager generale di Aarhus Water, «non aggiungiamo nessun materiale organico al processo, né integriamo l’energia con apporti provenienti da turbine eoliche o da pannelli fotovoltaici».

La riqualificazione dell’impianto e della struttura è costata circa 3 milioni di euro, che saranno ammortizzati in circa 5 anni grazie alla vendita dell’elettricità prodotta in eccesso alla rete cittadina.

Il modello di gestione del servizio idrico di Aarhus potrebbe avere applicazioni molto interessanti, ad esempio nei Paesi più poveri o in via di sviluppo, dove spesso si assiste alla mancanza di acqua pulita, o nei Paesi industrializzati, dove cresce l’esigenza di ridurre sprechi e consumi.