Le sfide energetiche rappresentano uno dei principali fattori di innovazione e di profonda trasformazione dei processi produttivi del nostro sistema economico. Attraverso nuove e più efficaci soluzioni si può infatti migliorare il rapporto tra economia e ambiente favorendo così la qualità dello sviluppo e la sostenibilità. Il risparmio e l’utilizzo efficiente dell’energia sono inoltre obiettivi strategici in quanto riducono i costi per le imprese, garantiscono un migliore confort agli ambienti di lavoro, riducono gli impatti negativi sull’ambiente.
Questo è quanto afferma Beatrice Draghetti, Presidente della Provincia di Bologna, in una pubblicazione intitolata “RISPARMIO ENERGETICO NELLE IMPRESE Guida per il piccolo imprenditore“.
Effettivamente, la sfida energetica è ormai all’ordine del giorno, coinvolgendo non solo le grandi imprese e le multinazionali di tutto il mondo ma anche le sempre maggiori pmi.
Ci si pone, dunque, il problema di ridurre l’impatto ambientale, le emissioni di CO2 nell’ambiente e gli sprechi di energia; parliamo, infatti, quest’oggi della Green Economy.
la green economy
Che cos’è la Green Economy?
Numerose sono le definizioni di green economy, ma è opportuno precisare che, le varie definizioni, sostanzialmente concordano sul fatto che la green economy mira a migliorare la qualità della vita di tutto il genere umano, riducendo le disuguaglianze nel lungo termine, e intanto non esponendo le generazioni future ai preoccupanti rischi ambientali e a significative scarsità ecologiche.
Si definisce Green Economy, o economia ecologica, un modello teorico di sviluppo economico che prende origine da un’analisi econometrica del sistema economico dove, oltre ai benefici (aumento del PIL), si prende in considerazione anche l’impatto ambientale, ovvero i potenziali danni ambientali prodotti dall’intero ciclo di trasformazione delle materie prime, a partire dalla loro estrazione fino al raggiungimento dei prodotti finiti, includendo anche i possibili danni prodotti dalla loro eliminazione, o smaltimento.
Tali danni spesso si ripercuotono, in un meccanismo tipico di retroazione negativa, sul PIL stesso, diminuendolo a causa della riduzione di resa di attività economiche che traggono vantaggio da una buona qualità dell’ambiente (come agricoltura, pesca, turismo, salute pubblica, soccorsi e ricostruzione in disastri naturali).
L’analisi econometrica propone come soluzione misure economiche, legislative, tecnologiche e di educazione pubblica, in grado di ridurre il consumo d’energia, di rifiuti, di risorse naturali (acqua, cibo, combustibili, metalli, ecc.) e i danni ambientali, promuovendo al contempo un modello di sviluppo sostenibile attraverso l’aumento dell’efficienza energetica, che produca a sua volta una diminuzione della dipendenza dall’estero, l’abbattimento delle emissioni di gas serra, la riduzione dell’inquinamento locale e globale (compreso quello elettromagnetico), fino all’istituzione di una vera e propria economia sostenibile a scala globale e duratura, servendosi prevalentemente di risorse rinnovabili (come le biomasse, l’energia eolica, l’energia solare, l’energia idraulica) e procedendo al più profondo riciclaggio di ogni tipo di scarto, evitando il più possibile sprechi di risorse.
La definizione di green economy (o green growth) non sostituisce quindi quella di sviluppo sostenibile, ma ne diviene un necessario passaggio: la sostenibilità rimane un fondamentale obiettivo a lungo termine, ma per arrivarci bisogna lavorare verso un’economia verde.
La green economy è quindi “il mezzo e il fine di se stessa“, come affermano Erika Mancuso e Roberto Morabito, per conto dell’ENEA, poiché come strumento attuativo dello sviluppo sostenibile diventa una “fase di transizione”, la via per gestire il cambiamento verso un modello di sviluppo sostenibile e, allo stesso tempo, verso un nuovo modello economico stabilmente sostenibile.
Per compiere tale transizione, occorrono specifiche condizioni (quali regolamenti nazionali specifici, politiche ad hoc, sovvenzioni e incentivi di sostegno, investimenti, ecc.) che ridefiniscano in modo profondo il tessuto istituzionale internazionale con una nuova governance globale.
GreenItaly: l’economia verde in Italia!
La ricerca GreenItaly, condotta da Fondazione Symbola e Unioncamere, fa il punto della situazione sullo stato dell’economia verde in Italia: dalle energie rinnovabili alla riconversione green dei comparti tradizionali del made in Italy.
Secondo l’ultimo rapporto, GreenItaly 2016, anche quest’anno, le imprese italiane non si sono tirate indietro nell’avvicinarsi a tale nuovo sistema sostenibile, anzi, hanno teso la mano alla green economy, favorendo oltretutto una ulteriore crescita del loro fatturato.
Le imprese italiane dell’industria e dei servizi, che dal 2010 hanno investito (o lo faranno quest’anno) in tecnologie “green”, sono oltre 385mila. Ovvero il 26,5% del totale delle aziende presenti in Italia.
Gli investimenti (recenti e passati) hanno reso le imprese più competitive, come già anticipato, il 35,1% delle imprese “green” ha aumentato il fatturato nel 2015 a fronte del 21,8% delle altre.
Tale incremento si è tradotto anche in termini di nuove assunzioni di figure professionali in possesso delle competenze necessarie: dalla “green economy” è arrivato così un contributo importante sul fronte occupazionale: il rapporto stima che nel 2016 l’economia “green” genererà 249mila nuovi posti di lavoro, fra green job in senso stretto e figure ibride con competenze green.
Le professioni della “green economy” si dividono infatti in due categorie:
Tra le prime vanno incluse figure come il direttore sicurezza e ambiente e l’energy manager; tra le seconde, invece, troviamo ad esempio il biologo ambientale, il geologo e il consulente energetico. Si tratta di professionisti altamente qualificati e che, fatta eccezione per alcuni casi specifici, percepiscono stipendi in linea con il mercato nazionale delle retribuzioni per le professioni ibride e superiori alla media per quelle propriamente “green”.
Articolo preso da management.closeupengineering.it
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