Sfruttare le pareti perimetrali, e non solo le coperture degli edifici, per l’installazione di lastre fotovoltaiche? Non è più un’utopia!
Queste “lastre”, trasparenti come il vetro, ma in grado di produrre energia elettrica proprio come i pannelli fotovoltaici, sono il frutto di un lavoro di ricerca dell’Università Milano-Bicocca in sinergia con il Los Alamos National Laboratory e l’azienda UbiQD. Il loro funzionamento si basa sui quantum dot (semiconduttori nanometrici in grado di catturare l’energia luminosa e di convogliarla ai bordi della finestra, dove viene convertita in energia elettrica).
Questa avveniristica tecnologia per la produzione dei vetri delle abitazioni (e non solo) ha più di un aspetto favorevole: le lastre non sono tossiche, infatti non contengono né cadmio né altri metalli; sono efficienti, perché assorbono la luce da tutto lo spettro solare; sono incolori, condizione necessaria per il loro utilizzo nell’edilizia.
«Affinché questa tecnologia potesse uscire dai laboratori di ricerca ed esprimere il suo potenziale nell’edilizia sostenibile – spiega Francesco Meinardi (uno dei docenti che insieme con Sergio Brovelli ha diretto il team di ricerca) – è stato necessario abbandonare schemi composizionali delle nanoparticelle dati per scontati fino a ieri. Invece di continuare a lavorare con i classici cristalli semiconduttori a base di metalli pesanti come il cadmio o il piombo noi abbiamo realizzato nanoparticelle costituite da leghe di più elementi, riuscendo ad ottenere concentratori non tossici, con straordinarie capacità di assorbimento della luce del sole, e che al contempo preservano la caratteristica chiave di non riassorbire la luce emessa da loro stessi. In questo modo abbiamo coniugato le elevate efficienze e le grandi dimensioni richieste per la costruzione di elementi architettonici reali. Il fattore estetico è poi di fondamentale importanza perché una soluzione tecnologica per essere accettata non può andare a discapito della qualità della vita».
Da alcune stime, inoltre, si evince che sostituendo le vetrate tradizionali di un grattacielo come lo Shard di Londra con i concentratori sopra descritti, si genererebbe l’energia necessaria alla totale auto-sostenibilità di circa 300 appartamenti. Aggiungendo poi a queste cifre il risparmio energetico derivante dal ridotto ricorso al condizionamento ambientale, grazie all’assorbimento della luce solare da parte dei concentratori solari che limita il sovrariscaldamento degli edifici, si delinea una tecnologia rivoluzionaria.
Lo studio “Highly efficient large-area colourless luminescent solar concentrators using heavy-metal-free colloidal quantum dots” (DOI: 10.1038/NNANO.2015.178), pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnology, analizza in modo ancor più particolareggiato questi concentratori solari a nanoparticelle.
L’unico svantaggio (o meglio, il più rilevante) che individuiamo, al momento, è legato al fatto che buona parte delle installazioni ad uso fotovoltaico domestico saranno di tipo perpendicolare rispetto al suolo; a differenza dei pannelli fotovoltaici che possono essere inclinati ed orientati per sfruttare al meglio l’energia solare.
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