In data 19 Luglio 2014 è entrato in vigore in Italia il Decreto Legislativo del 4 Luglio 2014 n. 102 (Dlgs 102). Esso è in attuazione della direttiva europea 2012/27/UE e riguarda le misure da prendere per concorrere al conseguimento dell’obiettivo nazionale di risparmio energetico. Quest’ultimo è riassunto nell’art. 3 del DLgs in questione e consiste nella riduzione, entro l’anno 2020, di 20 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio dei consumi di energia primaria, pari a 15,5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio di energia finale, conteggiati a partire dal 2010. Tale decreto tocca in egual misura tutte le aree sociali e produttive italiane. In particolare nell’articolo 4 si fa riferimento alla promozione dell’efficienza energetica negli edifici e nell’articolo 5 al miglioramento della prestazione energetico degli immobili della pubblica amministrazione.
L’articolo su cui volevo focalizzare, tuttavia, la mia attenzione è il numero 8 in cui si parla di Diagnosi Energetiche e Sistemi di Gestione dell’Energia. Qui è espressamente detto che le grandi imprese e le imprese a forte consumo di energia – indipendentemente dalla loro dimensione – devono eseguire una diagnosi energetica, e questa deve essere condotta da società di servizi energetici, esperti in gestione dell’energia o auditor energetici nei siti produttivi localizzati sul territorio nazionale entro il 5 dicembre 2015 e successivamente ogni 4 anni. Tale obbligo non si applica alle grandi imprese che hanno adottato sistemi di gestione conformi EMAS e alle norme ISO 50001 o EN ISO 14001, a condizione che il sistema di gestione in questione includa un audit energetico. I risultati di tali diagnosi sono comunicati all’ENEA e all’ISPRA che ne cura la conservazione. Inoltre l’ENEA istituisce e gestisce una banca dati delle imprese […] e svolge i controlli che dovranno accertare la conformità delle diagnosi […] e svolge il controllo sul 100 per cento delle diagnosi svolte da auditor interni all’impresa. L’attività di controllo potrà prevedere anche verifiche in situ.
Ma cosa si intende per grande impresa? Secondo le linee guida del Ministero dello Sviluppo Economico è da considerarsi tale l’impresa che occupa almeno 250 persone, o che, ancorché occupi un numero minore a 250 persone, presenti un fatturato annuo superiore a 50 milioni di euro e un totale di bilancio annuo superiore a 43 milioni di euro. Mentre per impresa a forte consumo di energia si intendono le aziende iscritte nell’elenco annuale istituito presso la Cassa Conguaglio per il settore elettrico ai sensi del decreto interministeriale 5 aprile 2013.
In cosa consiste la diagnosi energetica in questione? Sempre leggendo le linee guida suddette, le aziende obbligate devono sviluppare la cosiddetta “struttura energetica aziendale” che, attraverso un percorso strutturato – di studio dei consumi e dei volumi prodotti – a più livelli, consente di avere un quadro completo ed esaustivo della realtà – energetica – dell’impresa. In primis l’azienda viene suddivisa in aree funzionali. Si acquisiscono quindi i dati energetici dai contatori generali di stabilimento e, qualora non siano disponibili misure a mezzo di contatori dedicati, per la prima diagnosi, il calcolo dei dati energetici di ciascuna unità funzionale viene ricavato dai dati disponibili – quindi è possibile anche “dedurre” i consumi attraverso stime o calcoli contestualizzati. Si effettua poi la modellizzazione della realtà aziendale attraverso la costruzione degli inventari energetici. Seguono il calcolo degli indici di prestazione energetica globali e per ciascuna area funzionale ed il confronto degli stessi con quelli obiettivo, ossia rappresentativi della media di mercato, ove disponibili – in modo da capire se la nostra realtà produttiva è migliore o peggiore delle stesse realtà nazionali e, magari, dedurre quali sono i punti di forza o i punti deboli nel nostro contesto. La diagnosi energetica si completa con l’individuazione di un percorso virtuoso, in termini di interventi di efficienza energetica, tale da ridurre i fabbisogni energetici a parità di attività/servizio e, quindi, creare i presupposti per una maggiore competitività dei prodotti e/o dei servizi forniti. Tutti i dati dello studio devono essere riferiti all’anno solare precedente all’anno in cui è sviluppata l’analisi.
Per ogni questione, problema, dubbio e perplessità ENEA ha dedicato molto del suo tempo a linee guida scritte, seminari e ha anche aperto una sezione del suo sito dedicata all’argomento. Nonostante il Dlgs 102 sia arrivato con quasi due anni si ritardo rispetto alla direttiva europea non dobbiamo farci scappare l’opportunità, le aziende italiane sono il cuore produttivo della nazione e sta a loro, cioè a noi, migliorarci per migliorare.
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