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VIVACE: la nuova frontiera dell’idroelettrico sostenibile

Nel 2005, un team di professori e ricercatori del dipartimento di Ingegneria Navale e Marittima…

Vivace underwater

Nel 2005, un team di professori e ricercatori del dipartimento di Ingegneria Navale e Marittima dell’Università del Michigan, utilizzarono le loro ricerche finalizzate a minimizzare gli effetti negativi indotti dal fenomeno del VIV (Vortex Induced Vibrations), per sviluppare un progetto del tutto innovativo: VIVACE, un dispositivo capace di sfruttare in modo efficace e controllato le vibrazioni indotte da quel fenomeno e in grado di convertire l’energia cinetica dell’acqua in movimento  in energia elettrica rinnovabile. Tutto ciò in modo eco-sostenibile.

Ma in che cosa consiste il fenomeno del VIV? Quando una corrente fluida investe un corpo tozzo (un cilindro o una sfera), a valle del corpo si formano inevitabilmente dei vortici alternativamente sulla parte superiore e poi su quella inferiore con una certa frequenza. Questo crea degli sbalzi di pressione che inducono una forza di portanza oscillante. Questo fenomeno è stato studiato per anni perché, se la frequenza di oscillazione delle forze è paragonabile a quella propria del corpo, si va incontro a pericolosi fenomeni di risonanza. Un esempio della pericolosità di tale fenomeno è il ponte di Tacoma, collassato proprio a causa di questi vortici.

vortexhydroenergy.com

Il team di professori e ricercatori dell’Università del Michigan è riuscito a sfruttare il movimento oscillatorio indotto dalla corrente fluida utilizzando dei cilindri posizionati sul fondale. Quando essi vengono investiti dalla corrente fluida, i vortici inducono il movimento oscillatorio dei cilindri, ognuno dei quali muove un magnete in una bobina metallica, creando in questo modo corrente continua, che poi viene convertita in corrente alternata.

Uno dei vantaggi più importanti di VIVACE è che, oltre ad avere un impatto ambientale trascurabile, la sua tecnologia permette di sfruttare anche correnti particolarmente lente (tra i 2 e i 4 nodi). Infatti, correnti di questa entità sono difficilmente sfruttabili dalle attuali turbine, e questa ricerca potrebbe aprire nuovi contesti per l’utilizzo di dispositivi per la produzione di energia idroelettrica.